Il primo vescovo della nostra diocesi era nato a Mondovì Carassone e, consacrato sacerdote, venne assunto alla dignità di canonico di quella cattedrale e, poco dopo, nominato vicario generale del vescovo di Mondovì, Mons. Vincenzo Lauro tutto ciò qualche anno prima del 1572. Nel 1585 era stato eletto e consacrato vescovo di Brugnato, in Liguria, e venne poi designato, quale primo vescovo di Fossano, nella bolla papale emanata da papa Clemente VIII il 15 aprile 1592 per la costituzione della diocesi.
Una delle prime iniziative intraprese dal vescovo al suo arrivo in diocesi fu quella di compiere la prima visita pastorale, che venne iniziata nel giugno del 1593 ed ultimata nel 1595, iniziando dalla chiesa cattedrale e dalle parrocchie della città per proseguire poi in tutte le località della diocesi, non escludendo neppure quelle più piccole, lontane e disagiate, come si potevano considerare Limone, Vernante e Lemma. Ultimata questa prima incombenza mons. Daddei convqèò immediatamente il primo Sinodo diocesano nello stesso 1595, dettando una serie di norme e diretti ve che saranno le basi su cui poggerà per circa trent’anni tutta l’attività della chiesa locale. Gli atti di quel Sinodo, con il titolo di Synodalia Decreta … furono pubblicati in Mondovì nello stesso anno 1595 e compongono un volume di ben 220 pagine.
Fu anche il primo vescovo che visitò la cappella costruita a Cussanio sul luogo delle apparizioni della Madonna e fece stilare una apposita relazione di quanto si trovava nella povera cappella, documentando tra l’altro l’esistenza di un primo dipinto raffigurante il miracoloso avvenimento, prima testimonianza della nuova devozione mariana. Seppe valorizzare la presenza in Fossano di numerose famiglie di religiosi, sia sotto il profilo della predicazione che di quello della amministrazione del sacramento della confessione, anche per la circostanza che molte di queste famiglie religiose, ed in particolare i Conventuali, gli Osservanti ed i Cappuccini di San Francesco d’Assisi officiavano in Fossano chiese aperte al pubblico.
Dotò la cattedra vescovile di una degna sede residenziale, che non era sul luogo ove ora sorge il vescovado, ma nella contrada di san Martino (l’attuale via Cavour) le testimonianze documentali ci informano tuttavia che, sul piano personale, operava improntando la sua vita ad uno stile di vera povertà, al punto di dover ricorrere alle elemosine dei canonici per il suo sostentamento.
Mons. Daddei morì il 23 settembre del 1601 all’età di sessant’anni essendo nato in Mondovì nel 1341 venne sepolto nel coro della vecchia cattedrale il 25 settembre successivo.
Alla morte del primo vescovo la sede vescovi le rimase vacante per circa sei mesi, ma questo intervallo temporale vide esternarsi in mezzo a noi lo zelo e le virtù di un santo religioso di origini fossanesi quale fu il beato Giovenale Ancina, poi vescovo di Saluzzo.
Il secondo vescovo designato alla nostra diocesi era di origini spagnole, nativo di Toledo, maestro di teologia e confessore della duchessa Caterina di Savoia, oltreché precettore dei figli del duca Carlo Emanuele I. Aveva ormai circa 66 anni quando venne nominato vescovo di Fossano: era il 4 marzo del 1602. Egli ritardò per oltre un anno il suo ingresso in diocesi e soltanto il 15 marzo 1603 raggiunse Fossano erano appena trascorsi dieci giorni dalla partenza dalla nostra città alla volta di Saluzzo di mons. Giovenale Ancina cosicché qualcuno, a cominciare dal Ca-ramelli, ha argomentato che avesse a bella posta rinviato il suo arrivo per non creare disagi al santo vescovo di origini fossanesi che era impedito a raggiungere la sua sede saluzzese. Avuta licenza di allontanarsi dalla diocesi da parte della S. Sede, partì il 15 maggio 1605 per la Spagna accompagnatore dei principi sabaudi, lasciando quale suo procuratore in Fossano l’arcivescovo di Torino mons. Carlo Broglia, il quale esercitò per qualche tempo il suo incarico erigendo le parrocchie di san Bernardo e Lorenzo ai Ronchi di Cuneo, quella di santa Maria Maddalena a Maddalene ed infine quella di san Benigno di Cuneo, come ricorda il Caramelli.
Mentre era in Spagna, conscio della circostanza che la lontananza, l’età già avanzata e il cattivo stato di salute non gli consentivano di badare alla sua diocesi come si conveniva, mons. lJIlI Leone chiese alla sede apostolica che gli fosse affiancato un coadiutore “sede piena” ciò avvenne nello stesso 1605 con la designazione di mons. Tomaso Biolato, che poi gli successe nell’incarico. Nominalmente però mons. Leone tenne il titolo di vescovo di Fossano fino all’inizio del 1610, allorché morì a Madrid.
A mons. Leone successe nell’incarico, come già detto, il suo coadiutore da circa cinque anni e cioè mons. Tomaso Biolato, originario di Livorno Monferrato (ora Livorno Ferraris) che era maestro di Teologia e canonico regolare dell’ordine di sant’Agostino, abate di sant’Andrea in Vercelli e nominato, al momento della designazione a coadiutore di mons. Leone, vescovo titolare di Pafo il 18 luglio 1605. Come vescovo residenziale successe al suo predecessore dal 1606. Già verso la fine di maggio di quell’anno fece il suo ingresso in Fossano e subito si dedicò con zelo all’attività pastorale, anche se la responsabilità diretta della diocesi gli pervenne soltanto nel 1610. Si fece scrupolo di far applicare i decreti del concilio tridentino e le disposizioni del primo sinodo diocesano voluto da mons. Oaddei. Per una migliore attenzione ai problemi religiosi delle campagne, già quale coadiutore, confermò la erezione delle parrocchie di Maddalene, Ronchi e San Benigno, erette da mons. Broglia, come già abbiamo ricordato, allorché era procuratore per Fossano di mons. Leone, mentre più tardi, nel 1610, provvide per quelle di Murazzo e Gerbo. La sua opera maggiore fu però la realizzazione del seminario vescovile nel 1608, seminario che era già ricordato in un documento che risale al 17 aprile 1604, documento che però rimase senza un seguito concreto, molto probabilmente. Altri meriti si acquistò nel chiamare a Cussanio, nel 1617, i padri Agostiniani di Genova, affidando alle loro cure il piccolo santuario ed incoraggiando la costituzione del loro convento con uno studentato. Nel 1618 anche i padri Agostiniani della Congregazione di Lombardia fondarono in Fossano un loro convento con lo scopo di provvedere alle necessità religiose delle popolazioni rurali troppo distanti dalla cattedrale.
Sotto il profilo pastorale sembra opportuno ricordare come, durante il periodo del suo episcopato che durò fino al 1620, Mons. Biolato compì su tutto il territorio diocesano due visite pastorali, di cui lasciò ampia testimonianza negli atti di visita che ancora si conservano nell’archivio della curia vescovile. Era molto zelante nella sua attività di pastore e non mancò di sferzare i mali costumi e di riprovare quei comportamenti degli ecclesiastici che lasciassero a desiderare: forse anche per questo motivo, negli ultimi anni del suo episcopato, ebbe a soffrire per inimicizie e calunnie che gli amareggiarono la vita quando era ormai in età avanzata. Morì in Fossano il14 novembre del 1620 e venne sepolto il giorno successivo nel coro della cattedrale tra il rimpianto generale della città, in cui era a lungo vissuto quasi in pover-tà, al punto che talora il consiglio comunale intervenne con elargizioni per mantenere un minimo di decoro come era confacente alla carica.
La diocesi di Fossano, dopo la morte di mons. Biolato, rimase vacante per più di quattro mesi; venne quindi designato quale vescovo di Fossano, il quarto della serie, padre Agostino Solaro, prevosto di Moretta nel saluzzese e commendatore dell’ordine mauriziano. Venne nominato vescovo da papa Gregorio XV il 29 marzo del 1621 , e così nel primo centenario delle apparizioni della Madonna a Cussanio. Egli fece il suo solenne ingresso in diocesi soltanto il 30 novembre del 1621 e resse la diocesi di Fossano per soli quattro anni: venne poi designato a ricoprire la cattedra vescovile di Saluzzo, sede che non raggiunse perché la morte lo colse.
Per le sue qualità di sacerdote e di uomo era tenuto in grande considerazione e ci sembra assai sintomatico che già nel 1645 un padre gesuita ne scrivesse il panegirico.
Rivolse una particolare cura agli ospedali dove accedevano tutti coloro che versavano in difficoltà; basti segnalare a titolo di esempio che in Fossano esistevano gli ospedali di san Lazzaro, di sant’Antonio Viennese ed inoltre l’Ospedale Maggiore detto della SS. Trinità dal nome della confraternita che costruì proprio il complesso dell’ospedale che ancora oggi si vede.
Fu anche scrittore di cose sacre e compose un trattato storico-teologico sopra la S. Sindone pubblicato per cura del nipote. Morì in Fossano il 18 giugno 1625, pochi giorni prima del suo trasferimento a Saluzzo, e venne sepolto nell’antica cattedrale il giorno successivo.
A succedere a mons. Solaro venne chiamato il suo vicario generale e cioè il fossanese mons. Federico Sandri-Trotti. Prima della sua designazione però la diocesi rimase vacante per ben due anni e quasi undici mesi a causa di alcune questioni che venneto portate al giudizio della S. Congregazione per i Vescovi: venne infine designato il nuovo Vescovo con bolla della dicembre 1627.
Come ha bene ricordato Giovanni Minero, mons. Sandri-Trotti
… fu il vescovo per eccellenza delle visite pastorali; ne compì almeno sei e tutte di persona. Fu il vescovo del secondo sinodo diocesano celebrato nel 1642.
Fu sacerdote e vescovo di raro zelo e grande senso pastorale che esplicò in varia maniera anche attraverso il potenziamenro delle opere benefiche e la distribuzione di aiuti ai poveri davanti alle chiese oppure visitando personalmenre quanti si trovavano nella nect::ssità e non osavano palesare apertamenre la loro condizione. E opportuno ricordare che, durante il suo servizio episcopale, la città e la diocesi furono colpite da due gravi calamità a breve distanza di tempo tra loro. Infatti negli anni 163031 scoppiò anche tra noi una terribile peste che creò un certo numero di vittime nel fossanese, come descrive nella sua cronaca coeva il prete Giovenale Gerbaldo, ma soprattutto colpì alcune località della diocesi di allora, quale fu il caso di Vignolo dove praticamenre non vi fu famiglia che non dovesse piangere un parente morto per peste. A poca distanza di tempo poi subenrrò una terribile carestia che fece molte altre vittime.
Proprio perché in qualche modo la sua diocesi aveva subito conseguenze non disastrose con il flagello della peste, mons. Sandri-Trotti divulgò in ogni modo la devozione a san Rocco, patrono di quanti erano colpiti o minacciati dal morbo. Fu così che, tra le altre manifestazioni esterne di culto, anche la comunità fossanese fece voto di erigere nella vecchia cattedrale una cappella in onore di san Rocco e santa Brigida, cappella che venne progettata dal fossanese Giovenale Boetto, architetto ed incisore di gran fama il quale fu certamente in contatto solidale con il vescovo Sandri-Trotti, attirando l’attenzione del prelato su un’altra figura di illustre artista che si veniva affermando in zona e che era il pittore fiammingo Giovanni Claret che aveva preso dimora a Savigliano. Occorre ancora ricordare che proprio all’inizio del suo episcopato (ma le trattative preparatorie dovettero probabilmente essere condotte dallo stesso mons. Sandri-Trotti negli anni in cui era stato vicario generale del suo predecessore e poi vicario capitolare) venne aperto dai padri Somaschi in Fossano un collegio, affiancato alla piccola chiesa di santa Maria degli Angeli, complesso che sorgeva all’incirca sull’area ove più tardi funzionò il convitto civico ed ora il plesso scolastico di via Garibaldi.
È importante ricordare questa circostanza proprio perché questo collegio servì a più riprese come sede per gli studi dei giovani che si avviavano al sacerdozio, nei periodi, numerosi nel ‘600, in cui il Seminario diocesano chiudeva i battenti per insufficienza di mezzi necessari al suo funzionamento.
Quando morì mons. Sandri-Trotti aveva 63 anni, essendo nato nel 1583: era il primo novembre del 1646 ed egli aveva retto la diocesi fossanese per quasi 19 anni.
Si distinse nel chiamare a Fossano i padri Filippini perché vi fondassero l’Oratorio assegnando loro la casa e i terreni, un tempo dei fratelli Giovenale e Matteo Ancina, sui quali innalzarono una chiesa dedicata alla Vergine detta della Consolazione. Ampliata sessant’anni dopo è oggi il tempio monumentale di San Filippo. Ma la sua fama è legata al nome del suo vicario generale, il can. G. B. Negro, il primo storico di Fossano e insigne benefattore della città. Infatti a lui si devono la fondazione dell’orfanotrofio femminile, tuttora esistente, del convento delle Clarisse e della casa per gli ecclesiastici pellegrini: istituzioni soppresse con l’avvento di Napoleone in Italia. E curando i restauri del campanile del Duomo, fece costruire dall’architetto G. Boetto la galleria ottagona che spicca sulla primitiva opera del beato Oddino Barotti.
La nomina del successore del prelato fu rapidissima, in quanto trascorsero appena otto giorni prima della nuova designazione. Presto però, a livello romano, sorsero ancora complicazioni per quella che doveva essere la dotazione economica della sede vescovile: così la vacanza effettiva durò quasi sei anni, anzi più precisamente cinque anni, sette mesi ed una quindicina di giorni. Poi, finalmente, la diocesi fossanese ebbe il suo nuovo pastore nella persona di Mons. Clemente Ascanio Trotti, nipote expatre di Mons. Federico Sandri-Trotti, già priore e commendatore di san Pietro di Vasco. Venne in possesso della carica dal 9 ottobre 1658 e fece poi il solenne ingresso in diocesi il IO febbraio del 1659. Nel periodo di vacanza della diocesi, questa era stata guidata da un vicario capitolare di grande capacità e cultura quale fu il canonico Giovanni Negro.
Tornando a mons. T rotti, occorre dire che dallo zio Federico sembrava aver ereditato non soltanto la sapienza pastorale ma anche la severità dei costumi e l’energia necessaria ad imporre tra il clero diocesano quella disciplina e quello zelo che la vacanza della diocesi aveva reso problematici. Consapevole del notevole valore e del significato dell’attività svolta dal Negro, quale vicario capitolare, lo volle al suo fianco quale vicario generale per tutto il tempo del suo episcopato. Diede molto spazio e tempo alla organizzazione della formazione del clero, compì ripetutamente la visita pastorale della sua diocesi e convocò due sinodi diocesani, nel 1663 e nel 1669. Tornò ad erigere il Seminario diocesano e, per evitare spese inutili, lo sistemò in un braccio del convento dei Filippini allo scopo di rendere meno onerosa la gestione dell’iniziativa si occupava personalmente della formazione del clero e di ciascun giovane seminarista e non mancò di prestare il suo aiuto e il suo consiglio ad ogni istituto di pubblica assistenza e beneficenza, settori a cui, fin dall’inizio del mandato episcopale, riservò una particolare attenzione. Con l’aiuto e la collaborazione del vicario Negro si diede anche ad attività intese a sistemare edifici sacri come il vescovado, la cattedrale (in particolare la cappella dedicata a san Giovenale) ed il campanile del Duomo, oltre a diverse altre costruzioni sacre quali gli oratori delle diverse confraternite. Come collaboratori nella progettazione e realizzazione di queste attività bisogna ricordare l’architetto ed incisore Giovenale Boetto ed il pittore Giovanni Claret che in quegli anni realizzò in Fossano i più felici dei suoi interventi pittorici. Sono da segnalarsi anche alcune donazioni di Mons. Trotti alla chiesa cattedrale in fatto di arredi e materiali necessari alle sacre funzioni. Morì, poco meno che sessantenne, il19 aprile del 1675, dopo essere stato vescovo diocesano per sedici anni e mezzo.
Morto il vescovo Trotti, la diocesi rimase vacante poco più di due mesi e venne quindi désignano come vescovo Mons. Ottaviano della Rovere, cittadino di Asti, chierico regolare della congregazione dei Barnabiti e parroco della chiesa di san Dalmazzo in Torino venne nominato in data 17 giugno 1675 e consacrato vescovo in Roma il 23 giugno successivo. Fece il suo ingresso in diocesi il 29 giugno 1675. Nello stesso anno, benché già avanzato nell’età, intraprese la visita pastorale della sua diocesi che però non riuscì a concludere, anche se di volta in volta diede forma alle determinazioni disciplinari che doveva assumere con opportuni decreti. Era però assai cagionevole di salute; si ammalò e fu presto chiaro allo stesso presule la difficile situazione in cui si trovava, che avrebbe avuto come unica soluzione il decesso.
È quanto avvenne il 10 ottobre del 1677: aveva settantun anni poiché era nato ad Asti nel 1605. Dopo la sua morte la diocesi rimase vacante per poco più di sei mesi e quindi venne designato il successore nella persona di padre Maurizio Bertone dei Balbis di Chieri, sacerdote nella Congregazione dei Chierici Regolari Somaschi.
L’episcoparo di Mons. Bertone è staro uno dei più lunghi tra quelli dei vescovi fossanesi e coincise con uno dei periodi più travagliati della nostra storia, per le frequenti guerre che, direttamente o indirettamente, interessarono il territorio diocesano, a causa delle contribuzioni di guerra, delle devastazioni e dei saccheggi che colpirono città e campagne in occasione del passaggio dei vari eserciti in lotta. Mons Bertone era stato professore di retorica nei principali collegi italiani e, tra questi, nell’allora famoso Collegio Clementi no a Roma: fu quindi con rammarico che si vide costretto a chiudere il seminario diocesano per le gravi condizioni esistenziali e le ristrettezze economiche che dalle guerre continue ne derivarono. Non fu, la sua, una decisione facile e cercò ben presto una qualche soluzione di ripiego che trovò in un accordo con i padri del collegio Somasco, congregazione da cui proveniva, mediante il quale giovani chierici tornarono ad essere riuniti in comunità sia per le arrivirà religiose che per gli studi a cui molto teneva.
Mons. Maurizio Bertone era nato a Chieri il 6 maggio 1639 e fu consacrato vescovo a Roma il 12 aprile 1678: aveva quindi poco più di 39 anni. Fin dall’inizio del suo episcopato si fece carico di restare vicino alle popolazioni a lui affidate soprattutto nei momenti più difficili, compì frequentemente, compatibilmente, è ovvio, con la situazione contingente, le visite pastorali alle parrocchie della sua diocesi, congregò alcuni sinodi (di cui però non procurò la stampa degli atti per le difficili condizioni economiche) ed è possibile farci un quadro dello stato precario della diocesi attraverso la lettura degli atti ufficiali del suo episcopato.
Ciò nonostante egli non mancò di attivare tutta una serie di iniziative procedendo a nuovi lavori nel vescovado, che condusse in sito diverso da quello in cui era stato collocato in precedenza. Il primo vescovado infatti era posto nella casa ancora oggi esistente in via Cavour all’angolo con via Muratori verso la via Roma (per meglio intenderci in quella casa che fu dei fratelli Bessone calzolai). Mons. Bertone trasferì il vescovado nella sua attuale collocazione avviando tutti i lavori necessari. Bisogna ricordare come egli si sia preoccupato anche di realizzare una piccola bi-blioteca che non solo era aperta a tutti i suoi preti, ma anche ai laici che volessero accedervi. Inoltre, scrive il Caramelli, non ci fu in Fossano alcuna “università religiosa a cui esso prelato non abbia lasciato qualche marca della sua liberalità”.
Così si può dire che nel 1692, allorché si compì il primo centenario di vita della diocesi, grazie all’attività svolta anche da questo vescovo zelante, il bilancio si presentava positivo per la presenza attiva dei vescovi e dei parroci nelle diverse sedi, visite pastorali periodiche e celebrazioni abbastanza frequenti di sinodi oltre all’applicazione rigorosa dei canoni del concilio di Trento che, tra l’altro, aveva previsto la creazione del seminario diocesano per la preparazione religiosa ed intellettuale dei sacerdoti ed inoltre si andava avviando, anche tra il popolo, l’istituto scolastico a cui prestavano collaborazione essenziale sacerdoti in accordo con l’autorità civile: generalmente i primi insegnanti nelle scuole rurali erano preti che il Comune stipendiava “coll’obbligo d’istruir li figlioli a tutto suo potere … ad insegnar grammatica e buone lettere …” . La diocesi quindi, possiamo dire “godeva buona salute” allorché morì Mons. Bertone, all’età di 72 anni, il 27 novembre del 1701.
Quando finalmente fu possibile comporre le diatribe che dividevano corte sabauda e sede apostolica, il papa nominò il nuovo vescovo di Fossano nella persona dell’abate Lorenzo Cristoforo Baratà, che fu così il decimo vescovo a sedere sulla cattedra di san Giovenale. Era nato in Savigliano, da una famiglia che apparteneva al ceto dell’alta borgheSia locale, il 6 febbraio 1679 e venne ordinato sacerdote il 15 gennaio del 1702. Venne poi chiamato a guidare la collegiata saviglianese come abate di sant’Andrea ed era laureato in diritto alla “Sapienza” di Roma. Fu eletto alla carica di vescovo di Fossano il 26 novembre 1727 e fu consacrato da papa Benedetto Xl!! il 30 novembre successivo. Avendo nominato suo procuratore il canonico Michelangelo Caramelli, che fu poi suo Vicario Generale, prese possesso della diocesi il 29 gennaio 1728 e fece il suo solenne ingresso in diocesi il 25 febbraio successivo. Tutte le opere benefiche cittadine, dall’ospedale all’orfanotrofio femminile, all’ospizio di catità, al monte di pietà, lo annotarono tra i loro benefattori più insigni. Nella sua attività pastorale espresse tutto il suo zelo compiendo, tra l’altro, una lunga e meticolosa visita pastorale all’intero territorio diocesano. Per primo cominciò a ragionare sulla necessità di costruire una nuova chiesa cattedrale in sostituzione di quella esistente che ormai era troppo angusta e, morendo, lasciò a questo scopo una cospicua somma. Con il suo contributo economico sostenne pure il Seminario diocesano. Morì in Fossano il 20 luglio 1740 e venne sepolto, tra l’universale rimpianto, nella vecchia cattedrale; esequie solenni vennero poi celebrate nel trigesimo giorno dalla morte il 19 agosto successivo e l’orazione funebre recitata nella circostanza venne data alle stampe.
Alla morte di Mons. Baratà, e dopo una breve vacanza di circa nove mesi, venne eletto vescovo di Fossano il monregalese Giovanni Battista Pensa, dei conti di Marsaglia, che era nato il 10 luglio 1704 e che era stato ordinato sacerdote il 18 dicembre 1728 e poco dopo vicario capitolare della diocesi monregalese. Designato vescovo di Fossano dal duca di Savoia il 22 febbraio 1741, venne consacrato da papa Benedetto XIV il 23 aprile 1741, prese possesso della sua sede a mezzo di un procuratore, che fu l’abate Giambattista Giuseppe Caramelli, prevosto della cattedrale fossanese, il 13 giugno successivo e fece il suo solenne ingresso il 24 giugno dello stesso anno. Intanto in quello stesso 1741 la chiesa fossanese esprimeva essa pure un vescovo e precisamente Mons. Giuseppe Filippo Felissano, fossanese, eletto vescovo di Asti. Erano quelli anni difficili per le continue epidemie zootecniche e le frequenti carestie che colpivano le nostre terre oltre che per le numerose scorrerie di armate nelle guerre che interessarono anche le nostre zone. Il vescovo provvide in quei frangenti ad alleviare le sofferenze materiali e morali delle popolazione, mentre non mancava di attivarsi in ogni modo sotto l’aspetto pastorale: mons. Pensa infatti provvide a riordinare le m vicarie fuori del territorio del comune di Fossano, provvedendo per Busca (con le parrocchie di san Benigno, Lemma e Castelletto di Busca), Levaldigi (con le parrocchie di Villafalletto, Vottignasco e Tarantasca), Ronchi (con le parrocchie di Cervasca, Passatore e Vignolo) e Limone (con la parrocchia di Vernante). Celebrò pure un Sinodo diocesano, pubblicando anche gli atti in Cuneo nel l 751, ed ebbe a gran cuore il seminario diocesano che volle ricostruito in una nuova sede accanto al vescovado, dopo le alterne vicende dei decenni precedenti. CosÌ provvide ad acquistare alcune casupole adiacenti il vescovado che erano proprietà della Confreria dello Spirito Santo e fece costruire una prima ala su progetto dell’architetto Filippo Nicolis di Robilant; più tardi, dal 1771 al 1777, il seminario ebbe poi un rifacimento ed un notevole ampliamento su progetto dell’architetto Mario Ludovico Quarini.
Le peripezie che anche il vescovo dovette soffrire in quegli anni difficili, minarono la fibra di questa bella figura di pastore diocesano: fu consigliato di seguire alcune cure ai Bagni di Lucca e verso quella località si stava dirigendo quando vennero ad aggravarsi le sue condizioni di salute e si fermò a Paullo, località dell’appennino lucchese, dove in breve morÌ. Era il primo giugno del 1754 e Mons. Pensa non aveva ancora compiuto 50 anni. Venne sepolto nello stesso paese in cui era deceduto nella chiesa dei padri Scolopi.
Morto così lontano dalla sua sede vescovile Mons. Pensa, trascorsero quattro mesi ed il duca di Savoia fece la sua nuova designazione nella persona di padre Filippo Mazzetti, dei conti di Saluggia. Era nato appunto a Saluggia il 15 giugno 1709 ed era stato ordinato sacerdote il 24 aprile del 1731.
Venne poi consacrato vescovo di Fossano il 23 febbraio del 1755 e fece il suo solenne ingresso in diocesi il 10 giugno di quell’anno, dopo aver preso possesso del vescovado a mezzo di procuratore l’8 maggio precedente. Giunto in diocesi si preoccupò molto dell’istruzione dei chierici a cui non mancava ormai una sede fissa, a mezzo del seminario costruito proprio nelle vicinanze del vescovado. Si accingeva a compiere la sua visita pastorale al territorio di tutte le parrocchie della diocesi, ed aveva già predisposto il questionario che in ogni località visitata avrebbe dovuto essere compilato, quando venne colpito da una grave malattia che ebbe ben presto ragione della sua fibra non robusta e lo portò alla morte il 3 marzo dei 1761 in età d i non ancora 52 anni. I suoi funerali vennero celebrati dal vescovo di Mondovì, Mons. Michele Casati, suo amico ed estimatore, e venne sepolto nella antica cattedrale.
A mons. Mazzetti successe quello che giustamente è stato indicato come “uno dei più grandi vescovi che hanno governato la diocesi: celebre sia per la durata del suo episcoparo (37 anni) e sia per le opere compiute”. Egli venne designato come vescovo di Fossano il19 aprile del 1762 e venne consacrato in Roma il 2 maggio successivo. Mons. Morozzo era nato a Torino il 6 novembre 1722 ed era stato ordinato sacerdote il 3 maggio 1747. Il 29 giugno del 1762 fece poi il suo solenne ingresso in diocesi dopo una vacanza della sede che era durata poco più di un anno.
Immediatamente egli si diede a mettere a punto una serie di iniziative tutte altamente meritevoli. Intanto promosse una prima visita pastorale che compì personalmente per la gran parte; quindi pose mano all’ampliamento della sede del seminario diocesano che volle di più grossa capienza per poter ospitare i suoi chierici e ne affidò [‘incarico all’architetto Mario Ludovico Quarini il quale vi provvide con un progetto che in parre demoliva il precedente fabbricato costruito dal Di Robilant ed in parte utilizzava un’area ancora sgombra da costruzioni tra quelle che solo le attuali vie Bava, Dante e Vescovado. Con ogni probabilità il Quarini non seguì di persona la realizzazione dell’opera, intervenuta tra il 1771 ed il 1777, e che fu affidata alla direzione del “sovrastante” Porino, figura non meglio nota nel panorama dell’architettura e dell’edilizia fossanese, forse l’architetro Giacomo Porino, nativo di Balangero.
Poco dopo Mons. Morozzo intraprese l’iniziativa della costruzione della nuova chiesa cattedrale che affidò ancora all’architetto Mario Ludovico Quarini di Chieri il quale predispose il voluminoso progetto con l’album delle tavole progettuali che ora si conservano presso l’archivio capitolare. I lavori si poterono iniziare perché intanto esisteva il lascito di Mons. Baratà e perché il vescovo stesso vi profuse amplissima parte del suo patrimonio personale. Anche la comunità civile, a mezzo della amministrazione comunale, fece la sua parte. Numerosi furono i benefattori dell’iniziativa sia tra i religiosi che tra i privati cittadini fossanesi.
Si cominciò con il demolire il vecchio duomo all’inizio del 1778; poi lavori furono continuati con solerzia, ma richiesero più di 13 anni prima di poter essere portati a conclusione: la prima pietra infatti venne posata il12 novembre 1778 da Mons. Morozzo e la consacrazione del nuovo monumentale edificio intervenne soltanto il 25 settembre del 1791 sempre ad opera di Mons. Morozzo. Bisogna anche dire che propugnò la costruzione di un unico cimitero per tutte le parrocchie della città ed alla sua realizzazione concorse, naturalmente, il Comune: il sito era quello suburbano nei pressi della cartiera secondo un progetto dell’architetto Antonio Bocca che nel fossanese succederà al Quarini come progettista ufficiale (o quasi) di enti religiosi e comunità civile. Essendo in contatto, già prima della sua nomina alla sede vescovile fossanese, con la casa sabauda, a lui venne affidato il compito di benedire il progetto di costruzione del traforo del colle di Tenda, anche per la circostanza che la zona apparteneva, essendo collocato nel territorio parrocchiale di Limone, alla diocesi di Fossano.
Soffermandoci ancora sulle sue attività pastorali bisognerà ricordare come egli abbia provveduto a convocare un nuovo sinodo diocesano di cui ebbe cura di far pubblicare gli atti e non bisogna dimenticare come la sua opera si sia segnalata nei difficili momenti in cui il territorio fossanese venne occupato prima dalle armate francesi della rivoluzione e poi dalle truppe di Napoleone Bonaparte: una documentazione sia pure indiretta di queste sue attività si possono leggere nei manoscritti che ci sono stati conservati in poesia ed in prosa sugli avvenimenti di quegli anni.
Mons. Morozzo, che aveva fatto a tempo a veder spazzate via le vecchie istituzioni, aveva assistito al piantamento dell’albero della libertà davanti al sagrato del duomo e che si era sentito chiamare “cittadino-vescovo”, aveva degnamente celebrato il secondo centenario di erezione della diocesi con la costruzione della nuova cattedrale: morì il 18 ottobre 1799 e venne sepolto nel sotterraneo della nostra attuale cattedrale mentre un busto lo ricorda proprio in duomo, nel coro a fronte di altro busto dedicato a Mons. Baratà.
Ricostituita nel 1817 la diocesi, venne designato a ricoprire la sede il padre Pietro Sisternes De Oblites, in quel tempo vicario capitolare di Cagliari, il quale però, per essere già molto avanti negli anni, ricusò la nomina. Per tre anni quindi la diocesi tornò ad essere vacante e quindi, per le insistenze della città e del capitolo dei canonici, finalmente venne designato quale vescovo l’abate Luigi Fransoni, già cancelliere dell’ordine mauriziano, il quale venne consacrato vescovo a Roma il 19 agosto del 1821 e fece poi il suo solenne ingresso in diocesi il 2 dicembre dello stesso anno riprendendo possesso del palazzo vescovi le, che era stato riattato alla meglio dallo Stato dopo il degrado che aveva subito per l’occupazione delle truppe francesi. Mons. Fransoni era nato nel 1789 ed aveva quindi trentadue anni quando venne designato alla sede vescovile di Fossano; possiamo ben dire che sia stato l’effettivo restauratore della diocesi.
Intanto pose mano a richiamare in Fossano sia i Padri dell’Oratorio di s. Filippo Neri che i padri Somaschi, per i quali fin dal 1819 si era rivendicato la restituzione dei rispettivi immobili conventuali: la presenza di questi due ordini non durò a lungo perché nel 1848 e nel 1855, a seguito nelle nuove leggi sui beni ecclesiastici, i due ordini religiosi ritirarono le loro comunità da Fossano senza farvi più ritorno. Sotto il profilo pastorale riordinò la parrocchia di santa Maria del Salice a cui fece in modo di ridare una sua sede stabile dopo un successivo migrare di chiesa in chiesa dei monasteri soppressi. Per compensare la perdita delle parrocchie trasferite alle altre diocesi ne creò di nuove a Piovani, Grinzano di Cervere, S. Antonio Baligio, Mellea, Monsola di Villafalletto, San Biagio e Ruata Chiusani di Centallo.
Provvide anche alla riorganizzazione ed al restauro del seminario diocesano, chiamando a dirigerlo un uomo insigne per pietà, originario di Murello, e che fu il can. Luigi Craveri, persona che poi legherà il suo nome a Fossano facendosi promotore prima dell’orfanotrofio “Opera Oggero-Brunetti” e poi dell’Ospizio; Ospedale dei Cronici, ora conosciuto come “Casa di Riposo Luigi Craveri”.
Procurò anche una risistemazione della sede vescovile che ripristinò in modo del tutto nuovo sulle due ali che ora prospettano in via Merlo ed in via Vescovado. Essendo scoppiata nel 1835 una epidemia di colera, il vescovo Fransoni operò in modo che il clero si prodigasse nell’assistenza agli ammalati. Intanto con breve pontificio 12 agosto 1831 Mons. Fransoni erano stato nominato Amministratore Apostolico dell’Arcidiocesi torinese e poi, nel concistoro del 25 febbraio 1832, designato Arcivescovo di Torino, prendendo poi possesso della stessa il lo aprile successivo. Egli, pur occupato dal nuovo gravoso incarico, tenne la cura della nostra diocesi, come Amministratore apostolico, per quasi quattro anni, essendo stato nominato nell’incarico con breve papale del 28 febbraio 1832 incarico che tenne fino alla fine del 1835.
Allorché mons. Fransoni si rese conto di come gli risultasse difficile seguire con l’arcidiocesi torinese anche la diocesi di Fossano, insistette perché a Fossano venisse assegnato un suo vescovo diocesano e la sua istanza venne accolta con la nomina da parte del papa dell’abate Ferdinando Bruno di Tournafort, nomina avvenuta il l° febbraio 1835; la consacrazione intervenne soltanto il14 febbraio 1836 ed il solenne ingresso in diocesi avvenne il 24 aprile di quello stesso anno. Mons. Bruno di Tournafort molto si prodigò nella direzione spirituale della risorta diocesi, mentre intanto si verificavano i primi screzi con le autorità civili. Fu sotto il suo Episcopato che, con la collaborazione es-senziale del canonico Luigi Craveri, vennero costituendosi sia l’Opera Pia Oggero-Brunetti che l’Ospedale dei Cronici. Per una migliore organizzazione delle parrocchie ne costituì tre nuove sul territorio del comune di Fossano e precisamente a Loreto, San Sebastiano e San Vittore.
Prese anche a restaurare il santuario di Cussanio e l’annesso convento che ovviamente non potè essere riaffidato agli Agostiniani, ma fece in modo che tornasse a rifiorire il santuario e rivendicò l’edificio per l’opera degli Esercizi Spirituali per clero e popolo. Il primo anno del suo episcopato vide il ritorno in Fossano dei padri Cappuccini, pratica già avviata dal suo predecessore Mons. Fransoni; operò però in tutti i modi possibili perché gli stessi potessero sollecitamente costruire il loro nuovo convento là dove sorge ancora adesso presso la chiesa di san Bernardo, che nel frattempo veniva affidata proprio alle cure dei Cappuccini. Il 30 aprile del 1837 venne quindi posta la pietra fondamentale del convento e della annessa chiesa di san Lorenzo ed il tutto venne completato con la benedizione solenne avvenuta il 16 agosto 1842. Toccò a Mons. Bruno di Tournafort presiedere al solenne “Te Deum” celebrato in cattedrale per la concessione dello Statuto albertino. Poco dopo e precisamente il 27 settembre del 1848, Mons. Bruno di Tournafort moriva in Fossano: era nato a Torino il 21 settembre 1799 ed aveva quindi appena compiuto i 49 anni. Fu sepolto in Cattedrale davanti all’altare di san Carlo, come da suo espresso desiderio, tra il generale rimpianto dei fossanesi.

Alla morte del vescovo Bruno di Tournafort ancora una volta la diocesi rimase vacante per alcuni mesi, precisamente fino al 28 settembre 1849, quando venne designato Mons. Luigi Maria Fantini, nato a Chieri, già parroco dell’Annunziata a Torino e senatore del regno sabaudo. Egli venne consacrato vescovo in Roma il 21 ottobre 1819 e fece il suo solenne ingresso in diocesi il 2 dicembre successivo. Durante il suo episcopato provvide a definire il territorio della parrocchia di san Giovanni in città, parrocchia che fino ad allora aveva avuto giurisdizione particolare su determinate famiglie gentilizie. Il decreto reca la data del 28 maggio 1851. Il suo episcopato fu comunque brevissimo poiché Mons. Fantini morì il 28 agosto 1852 quando ancora non aveva compiuto i 49 anni. In realtà la figura di Mons. Fantini ha una rilevanza che va ben al di là della sua sola presenza in diocesi in quanto, quale vescovo e senatore del regno, ebbe una parte importante nelle vicende delle politica piemontese nei confronti della chiesa in Piemonte e fu uno dei protagonisti del cosidetto “convegno di Villanovetta” in cui si cercò da parte dell’episcopato piemontese di assumere un atteggiamento comune nei confronti dei problemi che venivano sollevati in quel momento.
Il nome che san Giovanni Bosco suggeriva e che papa Pio IX accoglieva era quello di un giovane sacerdote, nativo di Penango in diocesi di Casale e che era impegnato in attività presso la curia romana: mons. Emiliano Manacorda.
Riprendiamo su questo grande vescovo diocesano quanto ha scritto Giovanni Minero: … entrato in diocesi il19 marzo 1872, agì in triplice direzione: clero, popolo, Chiesa: Verso il Clero. Il giovane Vescovo di appena 38 anni, prima si occupò del seminario e per tre anni risiedendo tra le sue mura essendogli impedito il vescovado, seguiva gli studi e la pietà seminaristica, poi visitò tutte le parrocchie, interessandosi dei singoli sacerdoti, ai quali chiese collaborazione e disciplina ecclesiastica. Quando il clero comprese lo zelo, il carattere del pastore, era pronto il Sinodo venne solennemente celebrato nel 1882 tutto steso ed elaborato dal vescovo. Verso il popolo. Predicava ad ogni occasione e lo istruiva con le lettere pastorali: usciva frequentemente dal vescovado fermandosi a discorrere con i fanciulli e consegnando loro una medaglia della Madonna accompagnata sempre da un paterno consiglio; interessandosi degli operai, dei poveri, dei bisognosi li difendeva con la sua autorità e li soccorreva con tutti i mezzi.
Sotto il profilo più propriamente amministrativo della diocesi, egli rivendicò il santuario ed il convento di Cussanio dando allo stesso una funzione baricentrica per la pietà mariana dei suoi diocesani, avviando una vera ricostruzione del santuario in linee più ampie ed architettonicamente più piacevoli. Ogni anno chiamò tutte le sue parrocchie a recarsi in pellegrinaggio al santuario avviando quella tradizione che da lui datò come segno di ripresa della devozione mariana. Sono rimasti a lungo nel ricordo dei fossanesi i congressi diocesani e regionali da lui organizzati a Cussanio ed a Fossano. Era certo tra i vescovi più ascoltati e preparati di tutta la regione ecclesiastica subalpina e sovente venne incaricato della stesura delle lettere collettive dell’episcopato piemontese; fu anche autore di due importanti testi di diritto canonico ed ecclesiastico e fu legatissimo sia a Pio IX che a Leone XlII; si rese promotore in diocesi della fondazione dell’Opera dei Congressi, attraverso i comitati parrocchiali, in tutto il territorio della sua diocesi. Non mancarono certo le difficoltà ed anche le incomprensioni, per esempio in occasione di una sua lettera riservata proprio sull’Azione cattolica (lettera che venne in chissà quale modo a conoscenza della stampa anticlericale che ne trattò in toni scandalistici) oppure nella vicenda di certe discussioni teologiche che lo videro indirettamente in contrasto con l’allora parroco di san Giorgio il can. Pietro Calcagno. Capì fin da principio l’importanza della stampa ed affidò nel 1897 il compito di portavoce delle opere religiose al giornale locale La Gazzetta di Fossano e poi, dall’anno successivo volle che un gruppo di sacerdoti e poi di laici desse vita ad un settimanale locale, quale ancora oggi è La Fedeltà. Attento nelle valutazioni dei fatti e delle ideologie, lasciò scritto un aureo opuscolo intitolato Pensieri sul socialismo che reca una serie di annotazioni utilmente leggibili anche oggi. Come ha scritto Giovanni Minero, ben possiamo dire di lui: Figura poliedrica, varcando i confini della diocesi della quale resterà sempre un insigne Pastore, ha confidato il suo nome alla storia con quello di Fossano.
Dopo circa 37 anni di episcopato, chiuse la sua vita terrena in Fossano il 29 luglio 1909 alla veneranda età di 76 anni, essendo nato a Penango il 6 agosto 1833
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Morto il vescovo Manacorda che, sepolto prima nel Cimitero Urbano di Fossano, venne successivamente traslato nel santuario di Cussanio dove gli venne eretto un monumento sul lato destro presso l’altare maggiore, non tardò la santa Sede a designare un nuovo vescovo per la nostra diocesi.
Questi fu scelto nel sacerdote Giosuè Signori, nativo del bergamasco: era infatti nato a Comenduno di Desenzano al Serio il 18 dicembre 1859, e nella sua diocesi, allora affidata alle cure di Mons. Radini-Tedeschi e che proprio in quegli anni vedeva avviarsi alle attività diplomatiche un certo don Angelo Roncalli, poi a noi famigliare come papa Giovanni XXIII, esercitava l’attività di Cancelliere vescovile e quindi di Vicario generale e capitolare. Forte di questa sua esperienza precedente portò a Fossano l’ordine e lo scrupolo massimo nella formazione dei suoi atti episcopali, fossero lettere pastorali come semplici circolari o direttive. Aveva un taglio tutto pastorale nella sua attività e, giunto in diocesi il 24 luglio del 1910, si dedicò esclusivamente al governo della diocesi.
Indisse la visita pastorale preparando la con tutta una serie di istruzioni e di direttive per cui possiamo ben dire che ogni angolo delle varie parrocchie venne da lui frugato per raccogliere tutta una serie di dati sulle parrocchie stesse che poi volle ordinatamente raccolti in cinque volumi rilegati degli atti di visita con tutte le osservazioni ritenute opportune e necessarie al bisogno e la successiva annotazione dei provvedimenti adottati per il regolare adempimento delle prescrizioni impartite. Applicò rigidamente le disposizioni impartite dalla Santa Sede circa il Seminario ed operò perché tutto il cleto si adeguasse alle nuove disposizioni del Codice di Diritto canonico. Durante la prima guerra mondiale si fece promotore di tutta una serie di iniziative sia umanitarie che di preghiera perché la divina pietà preservasse i suoi diocesani dagli orrori e dai dolori della guerra ed a Cussanio chiamò ripetutamente fedeli alla preghiera a questo scopo. Fu promotore della realizzazione di quell’istituto che si occupa di giovani handicappati mentali che ora si intitola al suo nome, l’Istituto Mons. Signori, che egli pensò in aderenza all’altra iniziativa in campo femminile ma nello stesso settore che è l’attuale Istituto Figlie della Provvidenza. Nel 1918, per la considerazione in cui era tenuto dalla curia romana, passò a guidare la diocesi di Alessandria e più tardi l’arcidiocesi di Genova.
Così ancora una volta la nostra diocesi rimase senza pastore.
Mentre trasferiva Mons. Signori ad Alessandria, la curia romana provvedeva per la nomina di un nuovo vescovo della diocesi fossanese e lo designava in Mons. Quirico Travaini, nativo di Maggiate Superiore in provincia di Novara, dove era nato il 21 giugno 1866. Consacrato vescovo in data 16 gennaio 1919, fece il suo ingresso il 9 novembre 1919, dopo essere stato parroco di Trecate per 23 anni. Consacrato sacerdote il 9 luglio 1893, fu vescovo di Fossano per poco più di 14 anni e contemporaneamente, a partire dal 1926, fu anche vescovo di Cuneo, avendo la santa Sede provveduto alla unione delle due diocesi “ad personam”. Spiegò una grande attività a favore del Seminario che fu al centro dei suoi pensieri e per il quale procurò una sede di villeggiatura estiva in una villa posta a Ruata Chiusani e, sempre per incrementare le attività a favore del seminario e per l’aumento delle vocazioni, indisse la “giornata del seminario” che dal 1925 si ripete tradizionalmente ogni anno. Fu un ardente promotore dell’Azione Cattolica anche negli anni difficili del contrasto piuttosto vivace con il fascismo e chiese ai suoi sacerdoti di favorirla con ogni mezzo favorì l’avviarsi di quella iniziativa che ebbe in Mons. Giacomo Costamagna il suo realizzatore e che fu l’attività dell’oratorio di san Luigi in Fossano, per anni il solo luogo dove i ragazzi potessero ritrovarsi per il gioco. Propugnò la costruzione di una casa degli esercizi spirituali a Cussanio con la sopraelevazione del convento attiguo al santuario, realizzata nel 1931. Dal 1929 avviò la pubblicazione del Bollettino Ufficiale della diocesi e sostenne in ogni modo l’attività del giornale diocesano. Bisogna anche ricordare che durante il suo episcopato venne fatto un tentativo di unire definitiva mente le diocesi di Fossano e Cuneo ma tutto andò a monte per la forte opposizione dei fossanesi ed in particolare per l’attività che vi dispiegarono due illustri fossanesi quali poi furono Mons. Giuseppe Beltrami e Mons. Michele Pellegrino, poi elevati da papa Paolo VI alla porpora cardinalizia. D’altra parte, delle difficoltà non soltanto di ordine psicologico e geografico, che sconsigliavano l’unificazione delle due diocesi, si rese ben conto lo stesso Mons. Travaini il quale inviò alla santa sede un memoriale in cui manifestava tutte le sue perplessità sul ventilato progetto di fusione e, pare, suggeriva che la diocesi fossanese fosse affidata al suo vicario generale, che era allora il giovane Mons. Michele Pellegrino.
Mons. Travaini morì a Fossano il19 marzo 1934 e venne sepolto il 22 marzo successivo presso il santuario di Cussanio, che divenne da allora il luogo di sepoltura di tutti i vescovi che dopo di lui si sono succeduti sulla cattedra di san Giovenale.
Con la morte di Mons. Travaini terminò anche l’esperimento della unione delle due diocesi “ad personam” nelle mani di un solo vescovo.
La morte di Mons. T ravaini aveva suscitato, è vero, qualche perplessità su quello che poteva essere il futuro della diocesi ma ancora una volta si mobilitarono clero e popolo Mons. Pellegrino e Mons. Beltrami intensificarono i loro contatti romani e finalmente la santa Sede designò il nuovo vescovo diocesano che fu indicato in Mons. Angelo Soracco.
Egli era nato a Canevale di Certenoli in provincia di Genova il l° aprile del 1890 ed era stato ordinato sacerdote nel 1913 venne designato vescovo di Fossano il12 dicembre 1934, essendo poi consacrato nel marzo 1935 mentre fece il suo ingresso in diocesi il 31 marzo successivo. Nella sua diocesi aveva dedicato la sua attività sacerdotale soprattutto come insegnante in Seminario e particolarmente ai seminaristi aveva dedicato molto del suo tempo, mentre si impegnava nelle attività di Azione Cattolica. Giunto in diocesi volle occuparsi innanzitutto del seminario riunendo quello maggiore tutto a Fossano, richiamando a questo scopo liceisti da Cuneo e trasferendo il seminario minore, per l’abbondanza dei frequentatori, presso il convento di Cussanio trasformato in convitto idoneo. Era un predicatore raro e così elesse il santuario di Cussanio come sede e palestra per i suoi incontri di predicazione con i diocesani in occasione degli annuali pellegrinaggi parrocchiali al santuario. Eresse anche tre nuove parrocchie a Tagliata, Tetti Roccia e Gerbola di Villafalletto. Animatore dei Congressi eucaristici, celebrò nel 1937 quello diocesano in Cattedrale ed a Cussanio e ne volle continuare la tradizione nelle parrocchie sede di vicaria. Fece in tempo a vedere e partecipare a quello di Genola e poi a quello di Cervere ma un male incurabile lo stava minando ed era anche scoppiata la seconda guerra mondiale che rendeva tutto più difficile.
Morì in Fossano l’11 marzo del 1943 e fu sepolto il 13 marzo nel santuario di Cussanio.
La nomina del successore di Mons. Soracco fu velocissima e la diocesi restò vacante appena quattro mesi: designato il30 aprile 1943 e consacrato vescovo ad Ivrea il 29 giugno dello stesso anno, nel mese di agosto del 1943, precisamente il 22 agosto, faceva il suo solenne ingresso Mons. Dionisio Borra che giunse a Fossano da Ivrea in treno, perché non erano possibili altri mezzi di trasporto. Egli era nato ad Albiano di Ivrea il 2l orrobre 1886, or-dinaro sacerdote il 29 giugno 1910, laureato all’università di Torino in lettere, amico di Guido Gozzano, era stato prima insegnante di lettere in Seminario e poi parroco della Cattedrale di Ivrea.
Giunse a Fossano in un momento difficile, tra la caduta del fascismo e lo scombussolamento dell’8 settembre 1943 e fu preziosa la sua attività di mediatore durante l’occupazione nazista durata quasi due anni. Nel 1945 fu provvidenziale il suo intervento presso il comando germanico per evitare vendette da parte delle truppe in ritirata sulla popolazione. Come ha scritto Giovanni Minero, “Non è possibile elencare tutte le opere di cui è ricco il ventennio episcopale” di Mons. Borra:
dagli ebrei, nascosti e salvati, ai detenuti delle carceri alla ricerca di un aiuto, da La Fedeltà che cessò dalle pubblicazioni nel 1944, con il direttore can. Panero ricercato dai nazifascisti, alla sua ripresa nel 1945 in clima distensivo e ricostruttivo della vita religiosa e civile all’insegna della libertà riconquista.
Per rinsaldare la devozione e la fede si rese promotore della “Peregrinatio Mariae” e cioè del pellegrinaggio del quadro della Madonna di Cussanio in tutte le parrocchie della diocesi, propugnò la capillare organizzazione dell’ Azione Cattolica che durante il suo episcopato raggiunse le punte piÙ alte della sua attività in ogni settore e fu attento ai primi segni di contestazione di fatti e di uomini troppo ancorati a rigidi schematismi che si avviavano ad essere ben presto superati. Certo l’iniziativa che lo ricorda maggiormente è la realizzazione del nuovo seminario diocesano, che volle costruito ex-novo nei pressi della chiesa di san Giovanni in Fossano, riunendo in unica sede sia il seminario maggiore che quello minore. Esplicò questa sua intenzione alla diocesi il 2 gennaio 1955 e la realizzazione venne compiuta nell’autunno del 1956 era quello l’anno del terzo centenario della realizzazione del quadro del pittore Claret per il santuario di Cussanio e volle che la nuova sede del seminario fosse in qualche modo benedetta dalla presenza di quella venerata immagine per qualche giorno nell’edificio. Nel 1962 una fastidiosa malattia colpì le sue corde vocali cosicché trovava difficoltà ad esprimersi nella predicazione e venne pian piano maturando la sua intenzione di rinunciare al governo della diocesi: fu ciò che avvenne nel settembre del 1963 ed il 22 settembre di quell’anno, con una commovente celebrazione in cattedrale egli prese commiato dai suoi diocesani. Si ritirò ad Ivrea, prima presso un nipote sacerdote e poi nella casa dei sacerdoti anziani. Mòrì il 7 gennaio 1972 ad Ivrea.
I suoi funerali, celebratisi prima ad Ivrea e poi a Fossano, dimostrarono quanto grande fosse l’affetto che a lui portavano i fossanesi. La sua salma venne tumulata nel santuario di Cussanio accanto a quelle dei suoi predecessori Travaini e Soracco il 10 gennaio del 1972.
A succedere a Mons. Borra, dopo circa due mesi di vacanza della diocesi, venne designato Mons. Giovanni Dadone, allora arcivescovo di Santa Severina in Calabria. Mons. Dadone era però originario di Carrù, dove era nato il 23 dicembre del 1908 e guiderà la diocesi fossanese per circa 17 anni. Dopo aver esercitato il suo ministero in varie località della Langa e da ultimo a Murazzano, era stato nominato arcivescovo nel 1952 e destinato alla lontana arcidiocesi calabrese. Le difficoltà che in quella diocesi aveva incontrato soprattutto per la scarsità del clero, ne avevano scalfito la forte fibra ed egli aveva chiesto alla Santa Sede di essere destinato ad una diocesi più piccola. Fu così che venne destinato a Fossano dove fece il suo solenne ingresso il 22 dicembre del 1963, in un pomeriggio in cui già cadeva la prima neve. Padre conciliare del Vaticano Il, dedicò la sua attività per aggiornare la diocesi fossanese secondo le attese e le direttive del Concilio.
Durante il suo episcopato ebbe la gioia di vedere uno dei figli più illustri della diocesi elevato alla guida della cattedra di san Massimo nella arcidiocesi torinese e fu proprio lui, il 17 ottobre del 1965, a consacrare vescovo Mons. Michele Pellegrino nella cattedrale di Fossano. Due anni dopo, nel 1967, ebbe una nuova grande gioia allorché papa Paolo VI creò cardinali i diocesani Mons. Giuseppe Beltrami, già Nunzio Apostolico, e Mons. Michele Pellegrino, arcivescovo di Torino. Andrà anche in futuro attentamente valutata l’opera di questo vescovo umile e semplice che badava alle cose concrete e così andrà riesaminata la sua premura per le vocazioni, il suo continuo interessamento ai settori della pastorale diocesana, il suo insegnamento dottrinale semplice e lineare con l’attenzione tutta rivolta alla fedeltà alla Parola ed al Magistero della Chiesa, la sua generosità nel consentire la destinazione di sacerdoti diocesani alle chiese sorelle più in difficoltà, dalla arcidiocesi di Torino alla Patagonia, al Brasile. Così non occorre dimenticare l’attenzione da lui rivolta alle visite pastorali alle diverse parrocchie della diocesi. Dal 1966 al 1968 gli fu affidata dalla santa Sede la guida della vicina diocesi di Alba, quale Amministratore Apostolico con gli altri vescovi della provincia avviò una proficua collaborazione con la creazione dello Studio Teologico Interdiocesano, ancora oggi ospitato presso il nostro seminario. Ne va dimenticata la sua sofferta premura per la conservazione della diocesi per cui si battè anche dopo che le condizioni della sua salute lo costrinsero a chiedere un collaboratore “sede piena”.
Tra le iniziative, che del suo episcopato possiamo ricordare, va indicato certamente il Congresso Eucaristico celebrato a Fossano e poi la costruzione delle nuove chiese parrocchiali a Gerbola ed in Borgo Sant’Antonio. Infine, nel 1977, la celebrazione dei suoi venticinque anni di servizio episcopale, che vide stringersi attorno a lui tutta la diocesi il giorno 29 maggio in segno di riconoscenza e di gioia per la lieta circostanza. Poi il lento declino della sua salute che più non gli consentiva di attendere, come egli voleva, alle cure della diocesi: di qui la meditata decisione, nel gennaio 1978, di essere sollevato dalla cura pastorale per motivi di salute. Accogliendo uno specifico desiderio del vescovo, la Santa Sede nominava in un primo tempo Mons. Massimo Giustetti, vescovo di Mondovì, quale Amministratore Apostolico di Fossano, “sede piena” (e cioè restando Mons. Dadone titolare della sede vescovile). Qualche tempo dopo, precisamente il 10 aprile 1980, la santa Sede nominava un nuovo Amministratore Apostolico “sede piena” nella persona di Mons. Severino Poletto con diritto di successione.
Sarà lo stesso Mons. Dadone a consacrare vescovo il suo successore, assieme al card. Ballestrero ed al vescovo di Casale, il 17 maggio del 1980 ed il 22 giugno successivo lo accoglie quale suo collaboratore in diocesi e poi, come per non creare disagio al suo coadiutore, si ritira a Dogliani da dove continuerà però a seguire l’attività della sua diocesi. Morì all’ospedale di Savigliano, dove era stato ricoverato da poco, il 29 ottobre del 1980 e venne sepolto il 31 ottobre nel santuario di Cussanio.
Già abbiamo detto come Mons. Dadone avesse chiesto al Papa un coadiutore quando sentì venir meno la sua salute al fine di garantire la conservazione della diocesi. Venne chiamato all’incarico il parroco di Oltreponte a Casale, don Severino Paletto la comunicazione ufficiale alla diocesi della sua nomina venne data dall’Amministratore Apostolico Mons. Giustetti il mattino del 10 aprile 1980. Mons. Poletto era nato a Salgareda di Treviso il18 marzo del 1933, ultimo di una famiglia di undici figli, e con la famiglia si era trasferito, ragazzino, a Casale dove era maturata la sua vocazione sacerdotale e dove era stato ordinato sacerdote il 29 giugno 1957. Proprio a Casale venne consacrato vescovo il 17 maggio del 1980 e tra i vescovi consacranti colui che egli dovrà sostituire Mons. Dadone. Era stato parroco della popolosa parrocchia di Oltreponte a Casale a partire dal 1965.
Farà il suo solenne ingresso in diocesi il 22 giugno dello stesso 1980 e per circa dieci anni guiderà con fermezza e capacità la comunità ecclesiale fossanese. Già per l’Avvento del 1980 detterà la prima sua lettera pastorale sul tema della famiglia cristiana e puntualmente ogni anno, ed anche più volte all’anno in qualche caso, si rivolse al suo clero ed ai suoi fedeli con una serie di lettere pastorali tra le quali ci piace ricordare quella per la quaresima del 1981, datata 28 febbraio 1981, con cui indisse la Visita Pastorale della diocesi fossanese celebrata come “Missione al popolo”. Il suo episcopato si caratterizzò proprio per la facilità con cui sapeva attrarre a sé la gente, mediante una oratoria che attirava l’ascoltatore cosicché ben presto fu apprezzato da tutti come un Vescovo che sapeva farsi ascoltare anche quando, come in certe occasioni avvenne, il suo richiamo era forte e severo.
l fatti del suo decennio episcopale sono ancora cronaca vissuta da tutti i fossanesi: dalla missione al popolo di cui abbiamo fatto un cenno, alla rinnovata “Peregrinatio Mariae” della Madonna di Cussanio in tutte le parrocchie della diocesi, dalla visita compiuta ai sacerdoti diocesani che erano stati destinati come missionari in Argentina ed in Brasile, alla creazione della nuova parrocchia dello Spirito Santo nella zona nuova di Fossano, alla realizzazione della chiesa parrocchiale di questa stessa parrocchia che Mons. Poletto tenacemente perseguì, vedendone conclusa la parte essenziale prima di essere destinato ad altro incarico e procedendo alla sua consacrazione nel periodo in cui resse la diocesi come Amministratore Apostolico, in attesa del successore.
Era il 16 marzo del 1989 quando la santa Sede lo chiamò a reggere la più grande diocesi di Asti, quale responsabile della cattedra vescovile che era stata di san Secondo. Fece il suo solenne ingresso in quella diocesi l’Il giugno 1989. Mantenne però per alcuni mesi anche la responsabilità della diocesi di Fossano, in qualità di Amministratore Apostolico.
Era evidente che non gli sorrideva l’ipotesi di essere stato l’ultimo vescovo di una diocesi che pure aveva dimostrato di essere viva e fervida di iniziative pur nella ridotta sua dimensione territoriale: perorò quindi presso la curia romana la causa del mantenimento della diocesi fossanese.
Le richieste di Mons. Poletto e di tante persone, autorità religiose e civili, della nostra diocesi convinsero il Papa a non cancellare dalla carta geografica la diocesi fossanese ed a mantenere ancora la situazione preesistente attraverso la formula di dare a Fossano un Amministratore Apostolico permanente. È quanto è avvenuto il 7 aprile 1990 con la designazione di Mons. Natalino Pescarolo quale vescovo titolare di Alessano e ausiliare del Vescovo di Cuneo oltreché Amministratore Apostolico residenziale della Diocesi di Fossano. Nella sostanza un nuovo vescovo per la nostra diocesi, fatte salve ed impregiudicate le future determinazioni in sede di riordino generale delle diocesi esistenti. Queste determinazioni sono intervenute proprio nel corso del 1992, precisamente il 4 maggio, quando la santa Sede ha confermato il mantenimento dell’attuale struttura diocesana, nominando Mons. Pescarolo a vescovo della diocesi di Fossano.
Mons. Pescarolo quindi è ad ogni effetto il nostro attuale vescovo. È nato a Palestro il 26 marzo del 1929 ed ha compiuto i suoi studi nel seminario di Vercelli. Ordinato sacerdote nel 1952 ha svolto la sua attività pastorale in quella diocesi e da ultimo quale prevosto di Robbio Lomellina.
Nominato all’incarico il 7 aprile 1990, venne consacrato vescovo a Vercelli il 5 maggio 1990, essendo vescovo consacrante Mons. Poletto, ed ha fatto il suo ingresso in diocesi il10 giugno del 1990. La sua attività pastorale si è subito avviata all’insegna di una grande attenzione ai fatti contemporanei e alle situazioni locali, ma con altrettanta fermezza di intenti. La sua attività ha avuto fin dall’inizio una precisa impronta pastorale. È toccato a lui indire le celebrazioni per il quarto centenario di costituzione della Diocesi fossanese con una lettera pastorale, Costruiamo in-sieme la nostra chiesa locale e che ha anche indetto la Visita Pastorale alle 33 Parrocchie della Diocesi.
Monsignor Giuseppe Cavallotto è nato in frazione Noche di Vinchio, Diocesi e provincia di Asti, il 13 febbraio 1940. Ha frequentato le scuole medie inferiori e superiori e i corsi di Filosofia e Teologia presso il Seminario di Asti. Il 29 giugno 1964 è stato ordinato sacerdote. Dopo l’ordinazione sacerdotale ha ricoperto la carica di Rettore del seminario Minore della diocesi astigiana fino al 1967.
Rettore della Pontificia Università Urbaniana dal 2004, il nuovo vescovo delle due diocesi cuneesi ha vissuto per quasi quarant’anni a Roma, dove ha iniziato i suoi studi. Per dieci anni (dal ‘69 al ‘79) ha svolto l’incarico di assistente ecclesiastico centrale dell’ufficio nazionale dell’Azione Cattolica e responsabile della catechesi dell’Acr. Dal ‘75 all’88 è docente nell’Istituto Pastorale “Regina Mundi” dell’Usmi.
Nel 1979 inizia la sua attività presso la Pontificia Università Urbaniana, prima come docente di catechetica nell’Istituto di Catechesi Missionaria, poi, dal 1985 come docente aggregato nella Facoltà di Missiologia, quindi, dal 1995, come Decano della Facoltà di Missiologia, infine, dal 2004, come Rettore Magnifico.
Inoltre, dal ‘93 è membro della Commissione della Cei per la proposta del catecumenato in Italia e dal ‘97 Consultore della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.
Monsignor Cavallotto è autore di varie opere sulla Catechesi ed il Catecumenato (dal ‘73 all’82 ha fatto anche parte della Commissione Cei per la stesura del Catechismo dei preadolescenti) ed ha collaborato con vari articoli sul medesimo argomento con Riviste di Studio, di Pastorale e Dizionari.