I due dipinti della volta e del catino absidale, eseguiti nel 2010, sono legati alla storia di questa chiesa e al tema del creato. Sono opera della pittrice Francesca Ghirardi. Eseguiti in modo da dare l’impressione di essere vetrate trasparenti, che stimolano a guardare fuori, ad ammirare il mondo circostante. Ci aiutano a guardare il mondo con gli occhi della fede. Le “finte vetrate” ci aiutano a vedere il mondo con la certezza dell’Alleanza di Dio e con la certezza che dentro ogni cosa stanno operando le mani del Creatore.

 

L’alleanza con Noè

Il primo dipinto si intitola “L’Alleanza con Noè”.

Nel cerchio che rappresenta il cielo abbiamo dipinto un enorme e vivace arcobaleno. Ricorda l’arcobaleno di Noè (Gen 9). L’arcobaleno è simbolo dell’arco a riposo. Dio aveva “colpito” il mondo con il diluvio. Ora si è accorto che la violenza non risolve nulla ed allora mette a riposo, per sempre, il suo arco e promette di prendersi cura per sempre del mondo. Per sempre l’arcobaleno ci ricorderà che Dio si sta prendendo cura di noi.

Inoltre l’arcobaleno è anche simbolo di un abbraccio. Normalmente quando un uomo adulto si china per prendere in braccio un bimbo, con le sue braccia allargate disegna un arco, un semicerchio, un arcobaleno. Così l’arcobaleno ci ricorda che Dio ci tiene nel suo abbraccio, cioè nella sua Alleanza perenne.

L’altro elemento che vediamo dentro questo arcobaleno è la colomba. Essa torna da Noè con un ramoscello di ulivo in bocca. Con quel rametto verde la colomba dice a Noè: “Dai, Noè, si può tornare a vivere! È di nuovo possibile vivere!”. E adesso lo ripete a noi: “Comunque stia andando il mondo è possibile vivere, dai, credici! Ed è possibile vivere in modo diverso”. Possiamo smettere di distruggere questa terra, possiamo imparare a prenderci a cuore questa terra e tutti i suoi abitanti.

La colomba ha un’ala rossa. Piccolo indizio della sua vera identità: è la colomba che aleggiava sulle acque all’inizio della creazione, impaziente di iniziare l’opera creatrice (Gen 1). Ci ricorda lo Spirito Creatore che lavora per aiutarci ad essere creatori e non distruttori. Veri custodi della terra.

Se guardiamo meglio l’arcobaleno, ci viene da dire che questo è un arcobaleno esagerato. L’arcobaleno in genere è una striscia, non invade tutto il cielo. Qui invece l’arcobaleno invade tutto il cerchio, invade tutto il cielo. Ci ricorda il futuro: ci sarà un giorno in cui l’arcobaleno, avrà invaso tutto il mondo. Sarà giunto il Regno nuovo, il Regno compiuto, quello che noi chiamiamo il Paradiso. La presenza del Paradiso sulla nostra testa ci ricorda che vale la pena lavorare per migliorare questo mondo, per prendercene cura, perché ogni passo che facciamo in questa direzione è un piccolo modo per creare il Paradiso su questa terra, per gustare e far gustare un pezzo di Paradiso.

L’arcobaleno parte da est, perché ci ricorda che la vera Alleanza si è compiuta a est, cioè a Gerusalemme. E da est parte una croce nera che taglia l’intero dipinto. Ci ricorda che l’Alleanza tra il cielo e la terra si è compiuta sulla croce. Non parliamo di una favola per bimbi, ma di un evento storico. Sulla croce ci siamo accorti che davvero Dio non usa violenza contro il mondo, ma amorevole cura. Non usa violenza neppure se lo ammazzi. L’arcobaleno di Noè trova la sua verità sulla croce. Quell’abbraccio di Dio si fa vero e concreto nelle braccia allargate del crocifisso.

Resta una nota curiosa: ci sono due quadratini bianchi e due quadratini neri. Sono strani perché nell’arcobaleno il bianco e il nero non esistono. Noi li abbiamo messi per ricordarci che l’Alleanza di Dio è vera, la Salvezza si è attuata. Ma continuiamo a vivere dentro una storia dove persiste il male. Viviamo nella fiducia in Cristo pur nell’eterna lotta tra il bene e il male, la giustizia e l’ingiustizia. Ma portiamo in cuore e dentro il nostro sguardo la certezza di questo arcobaleno.

La creazione e la cura

Il secondo dipinto porta il titolo “La creazione e la cura”. Vediamo, in alto, un grande sole, un sole dorato.  Ci ricorda l’oro delle icone, il colore che, assieme al rosso, indicava Dio.

Il sole è per noi sicuramente simbolo di energia, di rinascita quotidiana, di energia vitale. Ottimo simbolo di Dio Padre, che genera e fa vivere.

Da quel sole spuntano due mani: una mano di uomo a sinistra  e una mano di donna a destra. Dicono la paternità e la maternità di Dio.

Una mano è tesa, l’altra è leggermente piegata. Esprimono due aspetti della misericordia di Dio. In ebraico si usano due termini fondamentali per esprimere la misericordia: uno è “hesed” e l’altro è “rahamim”. Il primo esprime fedeltà,  tenacia, forza. Dice l’aspetto maschile, l’amore che non molla. L’amore di Dio è un amore che non molla, che non ti molla mai.  Mentre il secondo termine significa  utero, viscere. Dice accoglienza e capacità generativa. Dice che l’amore di Dio è  accogliente, è ospitale verso tutti. Ed è capace di generare vita e nuove possibilità di vita.

Tale immagine esprime il volto che Gesù Cristo  ha rivelato del Padre. Egli è “Padre e Madre”, è tenerezza, misericordia, tenacia, fedeltà, accoglienza. Proprio come si esprime in questo passo:

“Si dimentica forse una donna del suo bambino,
così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?
Anche se queste donne si dimenticassero,
io invece non ti dimenticherò mai” (Is 49)

Le due mani  si stanno aprendo e da loro partono le fiamme che scendono giù nella terra: è proprio la fotografia dell’attimo della creazione. Dio apre le mani e, tramite l’energia del suo Spirito, nasce il mondo. E’ la creazione iniziale. Ma  è ciò che avviene adesso. Dio apre le mani e sazia ogni vivente, apre le mani e crea, continua a creare possibilità per ogni sua creatura. E così la storia è una continua novità. Vedere ogni giorno quelle mani all’opera ci aiuta ad apprezzare questa terra e tutto ciò che in essa incontriamo.  La terra, come dice Brecht, “appartiene a chi ne intuisce la bellezza e la rende migliore”. Se cogli la bellezza di un fiore non ti sogni di calpestarlo. Se vedi la bellezza di un paesaggio non ti permetti di deturparlo. Se intuisci la bellezza di una persona non ti permetterai mai di ferirla. Se cogli la bellezza della terra allora sei degno di essere un cittadino, di avere la cittadinanza di questo mondo. La terra appartiene a chi la sa apprezzare. E, di conseguenza, a chi lavora ogni giorno per renderla migliore. Proprio come fa chi ama la propria casa: l’apprezza e la cura. Ogni giorno. Per questo motivo dobbiamo lavorare insieme, soprattutto in questi tempi difficili, per riuscire a vedere la bellezza delle cose. Perché la bellezza delle cose lavorerà in noi per mantenerci innamorati della vita, del creato, delle istituzioni, delle persone. Non cinici arrabbiati, ma tenaci operai di questa terra, tenaci operai capaci di lavorare per renderla migliore. Nonostante le assurde tragedie. E in questo lavoro ci sostiene il nostro Dio, proprio perché dall’inizio della creazione Lui sa vedere la bellezza di ogni cosa. Difatti la Bibbia descrive la creazione ripetendo per ben sette volte: “Dio vide che era cosa buona e bella”. I cristiani sono coloro che abitano il mondo facendo risuonare questa profonda verità: “In radice la cose sono buone e belle”. Per far questo noi credenti abbiamo estremo bisogno di recuperare la vera immagine di Dio. Come dice Ermes Ronchi: “Ecco il compito che ci attende: rianimare l’ottundimento del gusto di Dio che affligge i nostri sensi spirituali”. Abbiamo bisogno di recuperare  “il Dio che ride con l’uomo davanti ai caldi giochi dei mari e del sole” (A. Camus).

Le fiamme scendono dalle mani di Dio, ma anche salgono verso quelle mani. Dicono l’agire di Dio, ma nello stesso tempo raccolgono le nostre preghiere e le portano direttamente nelle Sue mani. Quelle fiamme ci assicurano che Dio non è sordo, che il cielo non è vuoto. Ci assicurano che le nostre preghiere, grazie allo Spirito di Gesù Cristo, non ci ricadono sulla testa, ma arrivano alle mani operose di Dio Padre. Come dice il Vangelo di Giovanni: “Così anche voi, ora, siete nella tristezza; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia. In quel giorno non mi domanderete più nulla. In verità, in verità vi dico: Se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena” (Gv 16).