La scorsa settimana è stato presentato in Vaticano l’”Instrumentum laboris”, cioè il documento base da cui prenderà avvio il lavoro dei Vescovi nel Sinodo sulla Famiglia del prossimo ottobre, intitolato: “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”.

Il testo comprende buona parte della relazione finale dell’Assemblea straordinaria dello scorso anno dedicata alle “Sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”, e aggiunge una elaborazione degli esiti del questionario che la Segreteria generale del Sinodo aveva inviato alle Conferenze episcopali di tutto il mondo, insieme ai contributi arrivati in Vaticano da parte di singoli fedeli, famiglie, associazioni ecclesiali. Il documento si articola in tre parti: l’ascolto delle sfide sulla famiglia, il discernimento della vocazione familiare e la missione della famiglia oggi.

Questi tre momenti rifletteranno anche i tempi dei lavori del Sinodo, che saranno distribuiti nell’arco di tre settimane, dal 4 al 25 ottobre, e che porteranno alla stesura del documento finale che sarà consegnato nelle mani di Papa Francesco il quale, a 34 anni dalla “Familiaris consortio” frutto del precedente Sinodo sulla Famiglia del 1980, proporrà una nuova Esortazione Apostolica alla comunità cristiana su questa complessa tematica, presumibilmente entro il 2016.

A differenza di ciò che buona parte delle testate giornalistiche e siti Internet hanno lasciato intendere in questi giorni (la parola più ricorrente era “apertura” e suoi derivati, riferiti alla Chiesa), l’”Instrumentum laboris”, non arriva a proporre alcuna lettura conclusiva del soggetto “famiglia” e di tutte le questioni ad essa connesse, ma offre un’ampia base per la discussione dei Vescovi, una piattaforma che si sforza di includere prospettive differenti, lasciando aperta la possibilità di un effettivo dialogo sui temi più controversi, che sono presentati nella terza parte del documento.

Rispetto alla relazione che ha concluso il Sinodo straordinario, si mantiene uno stile e un  linguaggio descrittivo, e vi sono arricchimenti di contenuti: nella prima parte si amplia il racconto del contesto socio-culturale nel quale la famiglia è inserita, come Chiesa si riconosce serenamente di essere minoranza nella società senza per questo assumere toni aspri o lamentazioni; sono inoltre inseriti riferimenti ai nonni, ai disabili, a chi vive l’esperienza del lutto, ai migranti, alle donne e alla bioetica. Nella seconda parte invece si parla più diffusamente della famiglia in rapporto al matrimonio naturale e a quello sacramentale, come pure nel riferimento alla indissolubilità, missionarietà e preghiera, concludendo con un paragrafo sui giovani e la paura di sposarsi.

Nello stesso tempo però, a proposito di una delle questioni più complesse ma anche più attuali e appassionanti per i risvolti che potrebbe avere (le coppie in nuova unione dopo un divorzio: il loro riconoscimento e la modifica/integrazione di alcune indicazioni ecclesiali che le riguardano), se da una parte al n. 123 si attesta che: “C’è un comune accordo sull’ipotesi di un itinerario di riconciliazione o via penitenziale, sotto l’autorità del vescovo, per i fedeli divorziati risposati civilmente, che si trovano in situazione di convivenza irreversibile”, poco dopo, per pensare concretamente questo “itinerario”, desta perplessità il recupero dell’orizzonte di Familiaris Consortio 84 che aleggia sia qui che in alcuni passaggi precedenti, e soprattutto i “consigli per la lettura” a conclusione del paragrafo.

Su questo tema, il testo sembra purtroppo immune dai contributi emersi in ambito italiano e internazionale (convegni, pubblicazioni, studi), in questo anno dedicato a “maturare, con vero discernimento spirituale, le idee proposte e trovare soluzioni concrete a tante difficoltà e innumerevoli sfide che le famiglie devono affrontare”, come chiesto da Papa Francesco a conclusione del Sinodo straordinario del 2014; forse avrebbe giovato al dibattito dei Vescovi inserire in questa base di discussione anche altri contributi emersi in questo anno.

In una intervista apparsa su “Repubblica” all’indomani della pubblicazione dell’”Instrumentum laboris”, il card. Velasio de Paolis interrogato a proposito dell’invito del Papa ad una Chiesa sempre più misericordiosa ed accogliente, affermava che: “Penso tutto il bene possibile su una Chiesa misericordiosa ospedale da campo. Tutti ne abbiamo bisogno, perché siamo tutti peccatori. Ma l’accoglienza e la misericordia non vanno mai date a discapito della verità. E poi, in ospedale ci si va per guarire, non per continuare a vivere nella malattia”.

Il caro cardinale, che evidentemente gode di ottima salute, dimentica il fatto che dall’Ospedale molte volte non se ne esce guariti, ma con una terapia per imparare a convivere coi nostri mali e con le sofferenze che talvolta non spariscono come vorremmo, ma accompagnano, segnano e danno forma alla nostra esistenza, trasformandola grazie a Dio in un bene da vivere.
Proprio perché come riconosciuto all’inizio del testo quella cristiana è in minoranza, è di una “terapia” che ha bisogno la famiglia! E speriamo davvero che il Sinodo sulla Famiglia possa prescrivercela!