Secondo la nostra fede, il Dio che Gesù ci ha rive­lato  si è “sposato” con il Popolo di Israele attraverso una relazione da Lui offerta (a cui Dio è sempre rimasto fe­ dele) ed accolta dal Popolo di Israele (che purtroppo spesso è stato infedele). Questa espe­ rienza è comune nella nostra vita quotidiana.

Accade poi spesso che quan­do un’unione, reale o legale o sacramentale, si interrompe, per separazione o vedovanza, le persone vivano l’esperienza con una grande sofferenza per la avvenuta perdita e la successiva mancanza dell’altro, fino ad allora “parte di sé”, e possano percepire un senso di fallimento del proprio proget­to di vita (che certamente non prevedeva l’interruzione e la fine della relazione). È prova di questo senso di fallimento e del bisogno di riallacciare una nuova relazione la frequenza di nuove convivenze o nuove nozze dopo la fine della prece­dente unione: ciò è stato rileva­to anche nel Gruppo diocesa­no L’anello perduto, promosso dal Vescovo ed avviato a Fossano e della cui équipe ho ac­cettato di fare parte: esso si propone di avvicinarsi a tutti i “legami spezzati”, ossia di raggiungere le persone che vi­vono tale esperienza, facendo­ le sentire accolte e cercando di fare in modo che esse possano sentirsi non emarginate e pos­sano riavvicinarsi alla Chiesa o continuare a vivere nella loro comunità ecclesiale.

Il separato o il divorziato, che per necessità o per scelta – continua a rimanere solo, fre­quentemente cerca un maggiore coinvolgimento nella comunità ecclesiale. Perso­nalmente io, separato solo (per scelta), non ho mai incontrato alcuna difficoltà nell’esse­re accettato, così come sono, dalla nostra Comunità parrocchiale: posso infatti sinceramente affermare che non ho mai sentito di dover esse re “accolto” da essa dopo es­sere stato giudicato, proprio perché il mio coinvolgimento è avvenuto con facilità e serenità e quindi l’accettazione-accoglienza è stata percepita da me come “naturale” ed incondizionata.

Penso che un’azione pastorale di sensibilizzazione e di matu­razione su questi temi sia comunque opportuna nella no­stra Comunità parrocchiale, proprio nell’Anno pastorale sulla famiglia che sta per ini­ziare.

La Chiesa si sta ora muovendo, su nuove e più misericordiose basi teologiche e pastorali, nei confronti dei conviventi e dei divorziati risposati, cioè verso chi ha di nuovo un legame di coppia, a mio parere, più che verso i separati ed i divorzia­ ti rimasti soli (e che ne è dei vedovi?), forse perché queste ultime “categorie” sono o pa­ iono essere meno “problema­ tiche”, sia per loro stesse sia per le comunità ecclesiali.

Marco Galfrè