L’esperienza fossanese a servizio di persone separate/divorziate sole, oppure unite in matrimonio civile o conviventi

L’esperienza del progetto “L’anello perduto”, nasce a Fossano nella primavera del 2009, su mandato del Vescovo mons. G. Cavallotto, e del Consiglio Pastorale Diocesano: l’obiettivo era quello di mettere in campo la visibilità di una presenza cristiana ospitale e benevola nei confronti di chi, dopo un’esperienza matrimoniale conclusa, ora vive la separazione, il divorzio o una nuova unione di coppia. Col passare del tempo il progetto si è avvalso della partecipazione degli Uff. Famiglia delle Diocesi del cuneese.

Nel suo svolgersi, questo percorso ha mantenuto la caratteristica di non essere disegnato a monte o a prescindere dall’incontro effettivo con chi ha vissuto questo tipo di distacco, piuttosto è stato sviluppato con linguaggi differenti, e a partire dalle proposte emerse nei numerosi contatti realizzati: il risultato è stato quello di un’esperienza creativa, che probabilmente non ha preso in considerazione tutte le sfaccettature del problema, ma che ha saputo affrontarne alcune tra le più urgenti.

Nell’anno pastorale in corso, all’indomani della chiusura del Sinodo straordinario sulla Famiglia, sono state proposte due serate di Convegno, con una restituzione critica dei lavori dei Vescovi, promosse in collaborazione con l’Associazione Culturale “L’Atrio dei Gentili”, lo Studio Teologico Interdiocesano e la Diocesi di Fossano: la prima sotto un profilo laico col contributo della dott.ssa Chiara Saraceno, sociologa della famiglia, e del prof. Paolo Mirabella, docente di Teologia Morale della Famiglia. Nella seconda invece il prof. Basilio Petrà (foto petrà), Presidente dell’Associazione Teologica Italiana per lo studio della Morale, ha messo a fuoco le questioni che hanno riguardato le coppie unite in matrimonio civile o conviventi, dopo un matrimonio fallito.

Nell’autunno scorso si sono realizzate tre serate di laboratorio con una ventina di persone separate o divorziate, che non hanno avviato una nuova relazione di coppia, a cura di due professionisti dell’Istituto di Psicologia Individuale “A. Adler” di Cuneo: “I cambiamenti fanno parte della vita, dai più semplici e ininfluenti a quelli che ci espongono maggiormente e ci fanno sentire spaesati, – afferma il dott. Lerda, conduttore del laboratorio – e a volte siamo noi a cercare e volere il cambiamento, in altri momenti lo incontriamo e lo subiamo, nostro malgrado. Alcuni cambiamenti sono così profondi da coinvolgere interamente il nostro progetto di vita, mettendo in discussione o rivoluzionando ciò che prima appariva scontato. “Mi sento come se mi mancasse la terra da sotto i piedi”, è ciò che si sperimenta in questi momenti”.

Continua il dott. Burdisso, suo collega: “Pensare e vivere il cambiamento spaventa e disorienta, sono minacciate la sicurezza e la stabilità personali. La grande questione in gioco, di fatto, è l’identità: Chi ero, chi sono e chi sarò? Quale immagine hanno gli altri di me? Chi sono adesso senza quella persona che fino a poco fa mi era accanto e con cui ho costruito il presente ed immaginato il futuro? Come cambia la storia, quando i personaggi si trasformano, il lieto fine non si realizza come idealmente era stato tracciato e il “noi” cede nuovamente il passo ad un “io” da ridefinire? Come transitare dalla sofferenza di una storia finita alla vitalità che scaturisce dalla certezza che “la storia” continua?”.

Nel percorso laboratoriale, con l’ausilio di tecniche attive e momenti di confronto, si sono condivise emozioni, fatiche e prospettive, nell’ottica positiva di ritrovare radici e percorsi di significato, per riprendere in mano la propria storia; in particolare nell’ultima serata, attraverso mattoncini giocattolo, si sono realizzate delle costruzioni (foto da ritagliare senza le persone), metafora del desiderio di ricominciare, alla luce del nuovo stato di vita.

Una attenzione particolare è stata posta infine in primavera, alle coppie unite in matrimonio civile o conviventi, con un pomeriggio di spiritualità a loro dedicato, presso il Santuario di Cussanio; questa iniziativa ha voluto essere un piccolo segno di attenzione, amicizia e di annuncio del Vangelo, a coppie che abitano il nostro territorio e che frequentano le nostre comunità parrocchiali, ma soprattutto verso coloro che invece non le frequentano più, o che non le hanno mai frequentate, proponendo una meditazione del Vicario generale don Derio Olivero, una pausa caffè per fare due chiacchiere, e una Celebrazione della Parola presieduta dal diacono.

Nella cartolina invito (foto Paolo Barge) era riportata una citazione di M. Recalcati: “Amare è dare quello che non si ha. Desiderare di avere un posto nel desiderio dell’altro”. E’ proprio vero: è facile dare al proprio coniuge o compagno/a quello che si ha, ma la vocazione all’amore, lo sappiamo bene, ci spinge ben oltre le nostre disponibilità, ben al di là dell’immediato. Cosa dice l’innamorato alla propria compagna quando torna da un viaggio? Non le dice: “Cosa mi hai portato?”, piuttosto: “Ti sono mancato?”. La domanda d’amore perciò è sempre una domanda sulla mancanza, che chiede un posto, un luogo per esprimersi e costruire un legame; allo stesso tempo la domanda d’amore, può aprire lo spazio all’incontro con Gesù Cristo come possibilità di riuscita di ogni storia di coppia, come “Presenza che abita ogni nostra mancanza”.