A scuola di rispetto, amicizia e autocontrollo attraverso un’antica arte marziale giapponese

Il Ju Jitsu non è uno sport, è un’arte marziale giapponese antica – la più antica – da cui si sono originate altre arti marziali (Judo, Karate, Aikido, Kendo). Non è agonistico e contiene molta filosofia. Insegna il rispetto, l’amicizia, la non violenza, la difesa e l’autocontrollo. Ai più piccoli si fanno fare esercizi di movimento-coordinamento, giochi in cui è forte la componente dell’attenzione. Com’è noto, l’attenzione migliora il rendimento scolastico!

Un giovedì, quasi all’ora di cena. Palestra comunale di Fossano. Sali le scale, entri, scendi le scale. A sinistra. Sono anni che mi chiedo chi ha pensato questa soluzione per l’ingresso dell’edificio. Si potrebbe entrare in almeno 10 altri modi senza dover salire e poi scendere le scale. Probabilmente chi l’ha progettato cercava un disegno maestoso, voleva dare all’ingresso un segno pesante di gradini di pietra, un fronte. Era il tempo dei Comuni che costruivano il nuovo, dopo la guerra, creavano “servizi” e l’architettura era un linguaggio. Non è più quel tempo, nel bene e nel male, e non è neppure più quel linguaggio. Forse il Sindaco che tagliò il nastro disse qualcosa tipo “mens sana in corpore sano“, e magari aveva in testa il mito della forza. Non poteva sapere che nel 2013 lo sport è anche gioco puro, estetica del corpo, ricerca di sé, fuga dallo stress, difesa personale, autocontrollo, amicizia, cura dell’interiorità… e un sacco di altre cose che non c’entrano niente con la forza.

Di sicuro non immaginava che nella palestra di Fossano ragazze e ragazzi avrebbero praticato un’arte marziale giapponese in cui la forza di cui disponi non conta nulla, dove il morbido vince il duro e chi cerca di colpire forte fa una brutta fine. Chi attacca trova il vuoto e subito dopo si trova probabilmente a terra bloccato in qualche modo. L’ho visto con i miei occhi, sono stati così gentili da farmi una dimostrazione in cui Aurora (una ragazza) ha ricevuto un attacco da un uomo di corporatura superiore alla sua, ha fatto un movimento che non saprei descrivere ed è svolazzata in aria sopra la testa di lui. In pochissimi secondi la scena è finita con lui bloccato a terra. In pratica ha annientato l’avversario senza aggressività, semplicemente l’ha messo nell’incapacità di eseguire un nuovo attacco.

Aurora è la maestra/allenatrice che incontro. Ha i piedi nudi, i capelli lunghi, gli occhi dolci e un kimono di cotone bianco con la cintura nera in vita. È una maestra che regala entusiasmo e competenza. Le sta a cuore l’aspetto educativo dell’allenamento, più di quello tecnico. Che gli allievi arrivino primi o ultimi in competizione (non vuol dire combattimenti – cosa che non fanno – ma dimostrazioni spettacolari) non ha importanza. Però questo non vuol dire che gli allievi possano non lavorare!

M’introduce al concetto giapponese d’insegnamento dell’arte marziale: il maestro sa che quando t’insegna impara da te, e che tu devi imparare a conoscere te stesso. Quando s’inizia una lezione ci s’inchina entrambi, allievi e maestri, ma è il maestro che si alza per primo. Si ripete una formula in cui si dicono: m’impegnerò al massimo per imparare, m’impegnerò al massimo per insegnare. E si ringraziano tutti, compresa la palestra, il tatami e tutto intorno. Mi dice:

l’arte marziale può servire per se stessi, per ritrovare la calma e l’autocontrollo. Le ho chiesto se lei si arrabbia e mi ha risposto di no, non si arrabbia perché arrabbiarsi fa diventare piccoli dentro. Ma come fa?

In Italia siamo pieni di persone aggressive e in collera, di cose che non funzionano più come una volta, di errori della burocrazia che mettono all’angolo, di tagli alla spesa, di conflitti ambientali, politici, sociali. Come si può mantenere l’autocontrollo e la calma?

Qualche giorno dopo l’intervista ho fatto un bellissimo viaggio in Giappone ed ho visto lo stesso comportamento rispettoso e gentile di Aurora moltiplicarsi mille volte nei gesti di migliaia di persone che attraversavano gli incroci di Tokyo, dei camerieri nei ristoranti, dei ragazzi con le divise scolastiche, dei controllori dei treni, dei passeggeri della metropolitana… ed ho sognato per un attimo ad occhi chiusi un’Italia così, non un’Italia uguale al Giappone, ma solo un paese occidentale che impara dall’oriente la calma, la cura dell’interiorità e l’autocontrollo.

Riaperti gli occhi ho pensato: m’impegnerò al massimo per imparare.

Un maestro di spada, ormai anziano, dichiarò: «Nella vita ci sono diversi gradi di apprendimento. Al primo si studia ma non si ricava niente, e ci si sente inesperti. Al livello intermedio l’uomo è ancora inesperto, ma consapevole delle proprie mancanze e riesce anche a vedere quelle altrui. Al livello superiore diventa orgoglioso della propria abilità, si rallegra nel ricevere lodi e deplora la mancanza di perizia dei compagni. Costui a valore e si comporta come se non sapesse nulla. Questi sono i livelli in generale ma ce n’è uno che li trascende ed è il più eccellente fra tutti. Chi penetra profondamente in questa Via è consapevole che non finirà mai di percorrerla. Egli conosce veramente le proprie lacune e non crede mai, per tutta la vita, di avere raggiunto la perfezione. Senza orgoglio ma con modestia arriva a conoscere la Via». Si dice che una volta il maestro Yagyu osservò:«Io non conosco il modo di sconfiggere gli altri, ma la Via per sconfiggere me stesso». Il samurai avanza giorno dopo giorno: oggi diventa più abile di ieri, domani più abile di oggi. L’addestramento non finisce mai.

da Hagakure 
di Yamamoto Tsunemoto

Monica Mazzucco
La Fedeltà, luglio 2013