La prima volta che sono andata al campo di atletica per intervistare gli allenatori pioveva a dirotto. Sembrava che non ci fosse nessuno, invece la baracca in fondo alla pista era affollatissima e dentro c’erano tutti. Siamo andati negli spogliatoi per l’intervista mentre tutti gli altri sono usciti dalla baracca per allenarsi sotto la pioggia. Per loro è normale correre quando piove. Per l’allenatore è una soddisfazione vedere atleti in pista che non si fanno fermare da un po’ di bagnato. Sandro Bracco si occupa di velocità e prove multiple, mentre Paolo Braccini – che ci raggiunge dopo, di “resistenza”, di corse lunghe. Mi fanno subito notare che siamo nel campo di uno sport individuale, metodico e ripetitivo. Le persone che praticano questo sport si misurano con il metro e il cronometro. Con se stessi prima che con gli altri. è una sfida prima di tutto personale che ti chiede “conoscenza di te stesso” e di fare i conti con i tuoi limiti. Devi sapere chi sei e dove stai andando. Ascolto.

Il punto è che fare i conti con i propri limiti personali è la risorsa per vivere bene con se stessi. Se ti alleni avrai risultati buoni, lentamente. Partendo dai tuoi limiti. L’Atletica è vera: devi lavorare molto per migliorare pochissimo e capire le cose con la fatica. Devi anche saperti organizzare e non sprecare le risorse, e il tempo. L’agonismo poi è un confronto leale con un’altra persona dentro una gara. Finita la gara anche l’agonismo è finito, ed è rimasto in pista. 

Penso: anche la vita è così. Anche il lavoro, la famiglia, la salute, la scuola… Le idee dei due allenatori dell’atletica e l’autorevolezza pacata e spiegata con cui comunicano sono più interessanti di cose che si trovano in edicola, in libreria, sul web… meglio dell’ennesimo libro che mi è stato imprestato sul come cambiare se stessi per affrontare il futuro (Sperling & Kupfer, “La rivoluzione dei precari, 5 passi per costruirsi un futuro senza incertezze” di Lorenzo Ait). Sì, perché l’autore del libro, come molti altri autori del momento, scrive che dobbiamo giocare per vincere, che dobbiamo fare una rivoluzione perché il mondo ci ha tradito e deluso, visto che non c’è trippa per gatti. Si chiama mentalità “guerriera” e guarda con rabbia verso il passato e con concreto interesse al premio per il vincitore.

L’atletica, che è uno sport tosto e solitario che viene dall’antica Grecia, mi fa venire voglia di considerare la vita da un altro punto di vista e adottare una strategia diversa. Esiste la “mentalità atletica”? L’atleta fa un allenamento durissimo e quotidiano con il solo scopo di fare sempre meglio, un po’ alla volta.  L’atleta nel mondo antico era una celebrità perché era uno dei maggiori conoscitori del sacrificio umano con il solo scopo di eccellere. Platone, che da giovane fu anche atleta, nella sua Repubblica scrive che gli dei hanno donato agli uomini la musica e la ginnastica non per coltivare l’anima e il corpo – poiché se quest’ultimo ne riceve dei vantaggi è soltanto indirettamente – ma per coltivare la sola anima e perfezionare in essa il coraggio e lo spirito filosofico. Servono per armonizzarlo in una giusta proporzione di tensione e di distensione a seconda della necessità. Di questo abbiamo bisogno oggi come ieri, forse!

Sono poi tornata al campo d’atletica. La seconda volta c’era il sole e dopo aver scambiato qualche parola con un simpatico Presidente della Società, Elio Reynaudo, che la pensa esattamente come gli allenatori ho scattato una foto di questo bello e affollato mondo dell’atletica fossanese. Pieno di vita!

Monica Mazzucco
La Fedeltà, giugno 2013