Qualunque cosa tu possa fare,
qualunque sogno tu possa sognare,
comincia.
L’audacia reca in sé genialità, magia e forza.
Comincia ora.

Johann Wolfgang Goethe

Arci (Franco Arcidiacono) è stato per una parentesi il mio allenatore. Inizio l’intervista e sento ancora la simpatia per quella guida così umana che non faceva pesare niente, nemmeno l’evidenza. Ora chi mi conosce sa che non assomiglio ad un giocatore di basket, eppure da ragazzina ad un certo punto mi sono iscritta al corso di pallacanestro e ho giocato per un intero anno con gente molto più brava di me. Non me lo ricordo come una cosa frustrante ma anzi con soddisfazione.

Chi non ha sbagliato sport almeno una volta nella vita? E comunque c’è modo e modo di sbagliare sport e c’è modo e modo di allenare chi non sarà mai un campione.

Inizio l’intervista proprio con questo e gli chiedo come si allena chi sbaglia sport? Anche se forse so già la risposta.

Nelle squadre giovanili devono giocare tutti, a costo di perdere e di ricevere qualche critica. Però c’è anche il fatto che – se non sei in grado – puoi valutare altri sport o cercare altri ruoli, e di solito i ragazzi ci arrivano da soli prima di sentirsi un peso per la squadra. Se l’impegno c’è, ma il risultato non arriva, allora bisogna indirizzare i ragazzi onestamente dove possono fare meglio. Ma sono soprattutto i compagni che ti fanno capire.

È così. Rispondo che l’anno deve essere finito – giusto – ma non può essere un anno buttato via. Non si butta via niente della vita, nemmeno un secondo. Non è tempo sprecato se in palestra e in partita giochi lo stesso, con tutti i tuoi limiti, se c’è spazio per un miglioramento personale. Mentre parliamo affiora un ricordo: sul bordo del campo l’allenatore allarga le braccia come un gabbiano, poi le richiude veloci e butta fuori un “dai, dai, dai” che vuol dire corri, guarda i compagni, ce la puoi fare. Ero solo una ragazzina ed ero lì per provare uno sport ma sentire ogni tanto lui che batteva le mani due o tre volte mi faceva credere che anche se non ero determinante nella squadra dovevo fare la mia parte e serviva a qualcosa. Una bella lezione in due gesti, punto e basta.

Andiamo avanti con l’intervista: qual è la soddisfazione più grande per l’allenatore?

La soddisfazione è “l’aspetto umano”, il rapporto che si crea. Ho vinto partite e campionati ma in realtà quella è la soddisfazione di un momento. Ogni anno si riparte da zero, c’è un nuovo campionato. Quello che davvero mi dà soddisfazione e rincontrare le persone, essere salutato con piacere dai giocatori che ho allenato in passato. Gli aspetti umani sono gratificanti. L’allenatore nel gioco, nello sport, ha la possibilità di conoscere veramente i ragazzi, perché nel gioco ci sei tu. In palestra sei te stesso.
Quando ero prof. di Educazione fisica alle medie una Preside molto intelligente aveva chiesto a me di dare il voto di condotta dei ragazzi. È giusto, perché nel gioco viene fuori la persona. Lo sport è come la vita.

Ho letto una frase di Muhammad Alì, fu un grande pugile americano, tra i più apprezzati della storia, vinse l’oro olimpico proprio in Italia, a Roma negli anni ’60. Disse: “I campioni non si fanno nelle palestre. I campioni si fanno con qualcosa che hanno nel loro profondo: un desiderio, un sogno, una visione”, che ne pensi?

Affrontare i problemi della partita è come affrontare i problemi della vita. L’allenamento serve a sviluppare attitudine a risolvere i problemi, ad affrontarli. Mi ha colpito una frase di Don Derio “quando finisce la voglia c’è la volontà. Lo sport insegna la volontà.”

Tornando a casa ci ho riflettuto. Secondo me la parola “volontà” è molto interessante ma anche un po’ ambivalente. C’è una forza di volontà che è come la benzina per la macchina e serve per intraprendere nuove cose, senza di essa non s’inizia nulla. È il desiderio di ottenere un risultato, di vedere qualcosa, qualcuno, di andare in un posto, di costruire, creare, fare ed ha molto a che fare con i sogni, la visione. Ed è ciò che dice Muhammad Alì. Quella forza di volontà a volte diventa una cosa un po’ snervante e sovrasta la vita, ma questo è un altro discorso. C’è poi un’altra “volontà”, completamente diversa, che ha più a che fare con quello che ho ascoltato da Arci e imparato sul campo da basket. Si tratta di trovare da qualche parte dentro di se la volontà di fare anche quello che ti sembra impossibile, o che ti stressa, non ti piace, non ti viene bene. È la capacità di giocarsela tutta lo stesso a prescindere da come andrà a finire la partita, anche quando non c’è nessun premio per te. “Dove c’è una grande volontà non possono esserci grandi difficoltà” scrisse Macchiavelli, e forse intendeva proprio quella volontà che allor è essenziale alla vita e magari s’impara anche sbagliando sport.

Monica Mazzucco
La Fedeltà, agosto 2013