Di tutti gli incontri organizzati da diversi anni dagli Uffici di pastorale familiare delle cinque diocesi del cuneese, quello di domenica 20 gennaio, al Centro Santa Chiara di Fossano, ha raccolto in assoluto il maggior consenso di pubblico. Grazie anche alla popolarità dei relatori, soprattutto di Alberto Pellai, psicoterapeuta, conosciuto, tra l’altro, per la sua rubrica su “Famiglia Cristiana”. Ma anche di sua moglie, Barbara Tamborini, nota scrittrice nel campo psicoterapeutico, in cui anche lei opera. I quali hanno sviscerato il tema proposto (“Il metodo famiglia felice: sentieri possibili per non perdersi di vista”, il cui titolo prende spunto da loro recente volume, scritto a quattro mani) con un linguaggio semplice, con esempi concreti tratti del loro vissuto quotidiano, con un coinvolgimento simpatico ed accattivante.

Sposati da 20 anni, con quattro figli dai 10 ai 18 anni, hanno parlato facendo riferimento alla loro storia di coniugi e genitori. E prima ancora di figli, loro stessi. Cioè da quella “storia personale che fa parte di ognuno di noi, e da cui– ha detto la relatrice -,provengono poi i nostri comportamenti. A partire proprio da queste esperienze abbiamo bisogno di specchi che, in modo costruttivo, ci permettano di riconquistare aree di buon funzionamento. Qualcuno che (ci) mi sappia vedere così nel profondo, da stimolarmi a mettermi in gioco”, e che vada ad “incidere sulla mia sicurezza personale”. Perché poi, “da genitori, l’equilibrio (trovato) di coppia, salta. C’è bisogno così di un’alleanza”tra i partner. La quale, come molti vantaggi o problemi che nascono in una qualsiasi relazione, ruota (quasi) sempre intorno alla presenza, mancanza (o lacunosa difficoltà) di comunicazione. Bisogna imparare innanzitutto a parlarsi, dunque. O, meglio ancora, “ad alimentarsi come coppia amorosa, prima, e genitoriale, poi”,ha continuato quindi Pellai.

“Perché le coppie possono andare in crisi?”, si chiede, esaminando la relazione vera e propria, nella parte del suo discorso. “Molti ci vanno per le dimenticanze affettivo sentimentali del partner”ha spiegato, “come per esempio le date di anniversario scordate soprattutto dall’uomo”. Ma, ancora una volta, bisogna“sempre tenere in considerazione la storia da cui ognuno di noi è partito”. Quei valori che, nella propria crescita personale, non hanno mai significato nulla, come per esempio un biglietto di auguri, non possono acquisire valore da un momento all’altro solo perché ora ci si è sposati. “Bisogna incominciare a produrre dei micro cambiamenti; non a partire da quelli dell’altro, ma in se stessi”. E, per farlo, ha raccontato anche tutta una serie di aneddoti personali, da cui poi “ognuno ha in mente, trae ed applica il suo modello di famiglia”.

Nella quale, per entrambi i relatori, “deve prevalere prima di tutto sempre e comunque l’esempio”, fatto anche di “regole”, di assunzioni genitoriali di responsabilità, che possono arrivare persino a suscitare “le contestazioni dei figli”. O addirittura momenti di sconforto familiare, che però non sono del tutto negativi, ma fanno crescere, se tra i suoi membri si è capaci di condividere e spiegare tutti quei sentimenti che vi ruotano intorno.

Il loro discorso ha riscosso infine molti apprezzamenti dei presenti, perché, come da più parti è stato detto, i relatori “sono stati capaci di presentarsi con le loro difficoltà genitoriali, prima ancora che come psicoterapeuti”, dimostrando che in ogni casa ci sono tensioni e perplessità da risolvere. Loro, in quanto professionisti, hanno strumenti in più per affrontarli. Ma a chiunque, se spinto dal sincero desiderio (non scontato) di informarsi, confrontarsi, e mettersi in gioco, non mancano le possibilità di trovarli. Basta cercarli.

Tratto dal settimanale “La fedeltà“, a cura di Sabrina Pelazza