Da cinque secoli luogo di cura delle anime e “rivelazione della bontà di Dio per i fossanesi”
Quattro giorni ricchi di celebrazioni nel cinquecentenario delle apparizioni al Santuario della Divina Provvidenza
Il cielo di Cussanio non poteva essere più azzurro di quello che è stato sabato 8 maggio, intonandosi perfettamente con il tema dell’eucarestia preserale, in onore di Maria Madre della Divina Provvidenza, di cui ricorreva proprio quel giorno il 500° anniversario della prima delle due apparizioni avvenute nella campagna fossanese. C’era dunque molta emozione in questa messa a cielo aperto sul sagrato del Santuario, presieduta dal vescovo Piero Delbosco, concelebrata dal vescovo Giorgio Lingua (nunzio apostolico in Croazia) e dai sacerdoti delle zone pastorali della città, a cui il rettore del luogo, don Pierangelo Chiaramello, ha rivolto i saluti iniziali, così come al sindaco, a tutta la Giunta comunale, al vicepresidente del Consiglio regionale, per la loro partecipazione in presenza all’evento. Quindi alle autorità civili e militari e a tutti gli abitanti della città. “Popolo di Dio che abiti a Fossano, questo è il tuo giorno, la tua festa – ha detto il rettore don Pierangelo Chiaramello -. Siamo venuti qui per riascoltare il messaggio della Madonna che allora esortava i fossanesi a convertirsi, altrimenti il male li avrebbe travolti. Non era una minaccia, ma un’esortazione di mamma”.
Una madre che ha scelto un povero sordomuto per trasmettere le sue parole, donando a questi il pane, la parola e l’udito che non aveva; un breve ricordo storico di cui è stata data iniziale lettura dal diacono Pettiti. Un feedback che fa pensare, se, dopo l’indifferenza con cui fu subito accolto il messaggio, qualche mese dopo le apparizioni invece, “i fossanesi, sopravvissuti alla peste che arrivò, si rivolsero poi alla Vergine di Cussanio”, ricordandosi così di quanto era stato riportato loro dal veggente Bartolomeo Coppa.
“La salvezza degli abitanti di Fossano fu affidata ad un povero pastore, uomo di azione e di preghiera”, ha detto il vescovo Delbosco nell’omelia, mettendo in evidenza come, con questa scelta, “Dio abbia però rivelato la sua bontà per i fossanesi”, e li ha invitati a fare tesoro di questo amore e dell’esempio del veggente, “con la consapevolezza di tutti i doni che continuiamo a ricevere, e di cui dovremmo continuare a dire grazie. Cinque secoli sono passati da allora e la nostra città continua ad essere indaffarata”, presa tra “soldi, superstizione e indifferenza”, che sono solo alcune delle tentazioni citate, “che ci allontanano da Dio. Perciò” ha augurato, “che questo Santuario diventi ospedale delle anime”, dove ogni persona possa incontrare lì un momento per ritrovare se stessa.
La celebrazione si è quindi svolta con sobrietà e solennità. Sia nei riti (l’aspersione iniziale dell’acqua a memoria del proprio battesimo e l’accensione finale di dodici lumi posti sull’altare maggiore, in rappresentanza delle parrocchie e delle zone pastorali della città). E sia nei canti eseguiti dai cori di Monsola e della Cattedrale. A cui sono stati rivolti i ringraziamenti finali, così come quelli indirizzati ad altri soggetti, che si sono impegnati, e si impegnano, per rendere questo ed altri eventi liturgici sempre più raccolti, partecipati ed ordinati, ciascuno secondo il proprio ruolo; la Compagnia di Bartolomeo, i maestri Luca Rosso e Luca Giachero, gli strumentisti, fra’ Luca Gazzoni, don Piero e don Willy che hanno preceduto don Pierangelo alla guida del Santuario, la Protezione civile, e la Croce bianca, gli operatori di ripresa (Edoardo e Serena Gelli, Paolo Tassinari). Ed infine, da parte del vescovo, è stato rivolto un sentito grazie a don Pierangelo, in particolare per la sua attuale cura del Santuario, di cui ha seguito tutti i lavori di restauro, e la sua dedizione agli eventi in questo momento particolare.
Mons. Lingua: vivere in pace, la magna carta della famiglia cristiana
L’eucarestia di domenica 9 maggio al Santuario di Cussanio, dedicata alle famiglie, è stata celebrata dal vescovo di origine fossanese Giorgio Lingua, attuale nunzio apostolico in Croazia. Che ha accettato volentieri l’invito a presiedere (“onorato e lieto”) trovandosi nel frattempo in Italia. Indirizzando ai presenti una chiara parola di speranza, tratta dalla Parola di Dio della liturgia del giorno, dalla fede nella preghiera, e dagli esempi indicati dalla Chiesa. In particolare, trattandosi di famiglie, ha colto l’esempio da quella di Nazaret, invitando i presenti ad affidarsi all’intercessione di Gesù, Maria e Giuseppe, proprio nell’anno dedicato a quest’ultimo e alla riflessione sull’Amoris laetitia.
Da questi presupposti ha dato la sua testimonianza di come, nel 1982, si è “salvato da un grave incidente stradale, con scontro frontale”, mentre stava chiedendo aiuto alla Madonna per alcune scelte della sua vita. “Sono così caduto da cavallo proprio come San Paolo sulla via di Damasco, e sono stato raccolto dalla Vergine Maria”. Da questo episodio ha quindi capito “che la cosa più importante della vita è vivere sempre in pace con tutti, riconoscenti, soprattutto con coloro che ci hanno generato”. Mentre, se fosse morto quel giorno, comprese che non aveva ancora fatto abbastanza per dimostrare agli altri tutta la gratitudine che avrebbe dovuto. Dunque, riferendo tutto questo discorso alle dinamiche familiari, ha perciò esortato i presenti, in particolare i coniugi, a vivere “rappacificati, amandosi gli uni gli altri, facendo tutto senza mormorazioni e senza critiche”, come dice la Parola di Dio. “Questo – ha concluso – è la vera Magna Carta, il primo compito che deve svolgere la famiglia cristiana”. Difficile? Magari può esserlo, ma impegnarsi a volerlo è possibile.
Mons. Olivero ai giovani: “Rimanete aggrappati a Colui che fa fiorire la nostra vita”
Nei giorni del cinquecentenario delle apparizioni a Cussanio una specifica celebrazione (quella di lunedì 10 maggio) era rivolta ai giovani, “il nostro presente, non solo il nostro futuro” ha detto don Pierangelo Chiaramello, introducendo la messa. “Se la Chiesa non parla ai giovani non parla a nessuno” ha sottolineato mons. Derio Olivero, fossanese, vescovo di Pinerolo dall’autunno del 2017, che ha presieduto la messa all’interno del santuario. “Essere qui a Cussanio significa inserirsi in una comune tradizione, dentro il flusso di preghiera di decine di migliaia di persone, i nostri genitori, nonni, antenati…, che qui al santuario sono venuti a pregare e che oggi continuano a pregare con noi”.
Nell’omelia il vescovo di Pinerolo ha invitato i giovani (e non solo loro) a riflettere su una domanda che a volte ci viene rivolta: “Tu chi sei?”. Ebbene, la risposta più bella è “Io sono ciò che sarò”, superando definizioni riduttive, ma molto diffuse, come “Io mi sento così”, “Io sono fatto così”. Ognuno di noi è “un fascio di potenzialità”, anche in questo tempo di pandemia in cui il futuro sembra chiuso e il presente invischiato in una cappa soffocante. Su questa domanda si innesta il versetto del vangelo (Gv 15,9) “Rimanete nel mio amore”. Questa parola di Gesù per mons. Olivero è rivolta a ciascuno di noi e assume tre significati: “Tu sei importante per me”, “Io vedo in te più di quanto vedi tu e so che hai mille potenzialità”, “Io lavoro perché tu possa fiorire e portare frutto”. “Se Dio è così – ha aggiunto – rimaniamo nel suo amore: uno così non dobbiamo farlo scappare, dobbiamo tenercelo stretto. Come i tralci, banalissimi pezzetti di legno che, se attaccati alla vite giusta, portano frutto e producono vini eccellenti”. “Siamo qui a messa per rimanere aggrappati a Colui che fa fiorire la nostra vita” ha concluso mons. Derio Olivero.
Articolo tratto da “La fedeltà”
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