Franco Giulio Brambilla (vescovo di Novara e Presidente della Commissione episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi) ha concluso, lunedì sera 21 febbraio, nella chiesa parrocchiale di Centallo, il ciclo di incontri dedicato alla formazione dei catechisti, organizzato dagli uffici diocesani di Cuneo e Fossano. Attingendo dai testi del magistero della Chiesa e della Parola di Dio, il prelato ha tracciato un identikit di ciò che “si deve essere, e non già di quello che si deve fare, per svolgere questo importante servizio ecclesiale di annuncio del Vangelo”. Facendo dunque emergere quei tratti caratteristici della “spiritualità del catechista testimone” (da cui il titolo dell’incontro), con una fede vissuta in prima persona, e non solo perchè trasmessa, per sentito dire, o per essere “supporter del vangelo”. Assumendo piuttosto uno stile di vita capace di “farsi carico della fede degli altri”, lasciandosi a sua volta “prendersi in carico dal Signore, per donare il mistero santo di Dio con la (stessa) lingua degli altri, abitando cioè il loro linguaggio, ascoltando le loro esperienze, praticando i loro modi di vivere, assumendo le loro ferite e speranze”.

“Abbiamo bisogno di catechisti entusiasti” ha aggiunto, “che escono da questo tempo di pandemia con lo slancio nel cuore, perché sanno che il Vangelo di Gesù è lievito di eterna giovinezza”. Una giovinezza che monsignor Brambilla ha già superato fisicamente, ma che ha diversamente dimostrato durante tutto il suo lungo intervento, con un linguaggio accattivante e coinvolgente, intervallato da battute scherzose. Avendo come obiettivo quello di esortare i presenti (tra questi c’erano anche il vescovo Piero Delbosco e quello emerito Giuseppe Cavallotto, intervenuti per salutarlo), ad una spiritualità che “non deve correre il rischio di inaridirsi, ma piuttosto di far crescere la fede”.

Con l’aiuto della Parola, innanzitutto; “corpo a corpo con il Vangelo, da tenere sul comodino, come bravo catechista. E’ ciò che rimane fino alla fine e che ha il vantaggio di tracciare un cammino”. E poi a servizio della crescita vocazionale; “facendo scoprire ai ragazzi, adolescenti e giovani, che la vita è bella se segue un sogno” che si apre e risponde alla chiamata personale. La cosa più importante è infatti proprio quella di aver fatto crescere un ragazzo aiutandolo a conoscere la sua strada”. Una missione perciò molto importante, quella dei catechisti, che deve però svilupparsi “nella coscienza di essere dentro la Chiesa, mai da soli”.

“Oggi si fatica a reclutarli (se così si può affermare)” ha detto in conclusione, “perchè non si percepisce più questo ministero come un dono per se stessi”. Invece, con “la fierezza di essere cristiani (che non sono da meno di nessun altro) e con orgoglio infinito di sapersi generatori di vita”, anche se in formato adulto, il relatore ha augurato a tutti “un buon cammino”.

Sabrina Pelazza – 23 febbraio 2022