La convivenza estiva di diaconi permanenti e mogli delle diocesi di Cuneo e Fossano, si è svolta a fine luglio presso la casa adiacente il Santuario “Grotta di Nostra Signora di Lourdes” a Forno di Coazze (To). Le giornate sono state scandite da momenti di incontro e amicizia, in un clima sereno (e fresco!) in compagnia di mons. Delbosco e di don Ezio Mandrile.

“La diaconia come volto fondamentale della Chiesa” è stato il titolo della relazione offerta dalla prof.ssa Sonia Ristorto, la quale ha messo in luce quanto il diaconato permanente sia occasione per la Chiesa tutta (laici e ministri ordinati) per riscoprire e praticare un “servizio generativo” che si oppone alla tentazione del “potere mortifero”, incapace di una dedicazione alle coscienze all’altezza del Vangelo.
Mons. Delbosco ha presentato l’itinerario che ha condotto alla stesura del Libro sinodale, punto di riferimento per l’agire pastorale della nostra Chiesa nei prossimi anni, evidenziandone i nodi significativi; in particolare il dibattito si è concentrato sul num. 45 che delinea in maniera efficace le coordinate entro le quali riscoprire la figura del diacono.
“Molte persone non passano più dalle nostre parrocchie, dobbiamo riconoscerlo con serenità; è necessario pertanto offrire nuovi spazi di incontro e accompagnamento”. Queste le parole di don Gianni (prete torinese) e Milva (collaboratrice) che in alcune baite sopra a Coazze si dedicano da quindici anni all’ascolto e all’accompagnamento di chi, segnato da vicende difficili, è in ricerca di nuovi equilibri e di una pace interiore. “Mi ha sbalordito l’altare della cappellina – racconta un diacono – ricavato da una grossa pietra spezzata in due, tenuta insieme da una piccola lastra di vetro con dipinti dei pesci che sembra passare attraverso il masso, e con un piano trasparente appoggiato sopra per celebrare l’Eucarestia. Guardandolo, mi è sembrato di vedere “pesci che spaccano le pietre” cioè, fuori metafora, l’ascolto e la condivisione che in quella baita vengono offerte, non sono cose di poco conto, ma aprono davvero alle persone vie impensabili di rinascita! Mi piace pensare che anche il nostro servizio dovrebbe “spaccare le pietre”: penso ai macigni di dolore con cui talvolta veniamo a contatto (o che noi stessi ci portiamo dentro), e alle diverse forme di povertà, esclusione e indifferenza che possono ostacolare o impedire l’incontro del Risorto con gli uomini e le donne di oggi. A questo il diacono deve servire!”.

Un tempo prolungato di silenzio e preghiera, preceduto da una meditazione di don Ezio sul brano della “Tempesta sedata”, ha concluso i giorni di convivenza. Nella programmazione futura, sono state discusse alcune idee per rilanciare l’esperienza del diaconato permanente, cioè cosa fare per proporre a nuove persone questo particolare servizio ecclesiale, a 10 anni dal suo avvio nelle nostre diocesi.