La diocesi di Fossano ricorderà don Mario Picco (San Biagio di Centallo 3.01.1948 – Caraglio 4.11.1990) sabato 7 novembre, nella messa delle 18,30 in Cattedrale a Fossano. Presiederà la celebrazione il vescovo Piero Delbosco, come segno di riconoscenza della diocesi per questo sacerdote e per altri due preti, anch’essi deceduti nel 1990: don Francesco Chiaramello, fondatore dell’Editrice Esperienze, e don Giorgio Martina, direttore de la Fedeltà.

Altre messe in ricordo di don Mario vengono celebrate in diocesi di Cuneo: giovedì 5 novembre alle 20,30 nella parrocchia di S. Pietro del Gallo, domenica 8 novembre alle 11 a San Lorenzo di Caraglio, dove abita la sua famiglia, domenica 15 novembre, alle 11, a Caraglio: quest’ultima messa sarà officiata dal parroco don Tonino Gandolfo (che di don Mario era coetaneo) come segno di riconoscenza di tutta la diocesi di Cuneo. Il 4 novembre lo ricorderanno anche i monaci del monastero “Dominus Tecum” di Pra d’ Mill (Bagnolo Piemonte).

Un gruppo di amici di don Mario aveva organizzato per la sera del 7 novembre, a Fossano, un incontro in presenza per riprendere alcune sue riflessioni che sono ancora attualissime e trovano riscontro anche nel magistero di Papa Francesco. La recrudescenza della pandemia ha spinto gli organizzatori della serata a rimandare l’evento a tempi migliori (anche perché non avrebbe senso tenerlo online).

Di seguito un ritratto del sacerdote scomparso in un incidente stradale la sera del 4 novembre 1990, tratto dal settimanale “La fedeltà”.

UN PRETE E UN UOMO A TUTTO TONDO

Il mattino di lunedì 5 novembre 1990 il telefono suonò molto presto in tante case di Fossano. Comunicavano una notizia che sulle prime sembrava a tutti incredibile: don Mario Picco era morto la sera prima in un incidente stradale. Appariva incredibile perché per tantissimi don Mario era più di un amico: era un riferimento. Per i laici come per tanti preti. E i riferimenti sembra che non debbano mai venire meno.
Era un prete che viveva di Parola di Dio. Non solo perché la studiava, ma perché per lui era davvero tutto. Lo si capiva dalla passione con cui ne parlava e dalle reazioni dei suoi allievi, dei suoi seminaristi, dei giovani che incontrava, ma anche delle persone più semplici che avevano la ventura di seguirne anche solo per caso qualche omelia o qualche incontro. Ancora oggi ad esempio a Genola, molti giovani di allora conservano gelosamente la registrazione di una sua conferenza in occasione della morte per incidente, nel settembre del ’90, di un loro coetaneo. “Perché un fatto possa diventare evento” fu il titolo che volle per questo incontro. Sentito a posteriori quasi una sorta di testamento spirituale pronunciato due mesi prima della sua stessa morte.
Don Mario era anche un prete che amava la “sua” Chiesa, quella universale come quella di Fossano: i suoi preti, le associazioni che la componevano, le persone. Per essa gli capitava anche di arrabbiarsi, così come sapeva entusiasmarsi per ogni spazio che vedeva aprirsi. Ma in entrambe i casi sciogliendosi poi in un sorriso o in una battuta delle sue. Come a dare l’impressione di non volersi prendere troppo sul serio.
Era un prete che amava stare tra la gente, soprattutto quella semplice. Memorabile al riguardo la foto che lo ritrae sottobraccio a Cecu Cine (mascherato quest’ultimo da ballerina con tanto di tutù) accompagnando sorridente la sfilata di Carnevale del ’90. Con lui, spesso accompagnato dall’amico don Willi, si festeggiava davvero bene, ma in tanti attendevano con ansia il giro delle “Confessioni a domicilio” che nei momenti forti dell’anno accettava di regalare a chi lo chiedeva.
Un prete e un uomo a tutto tondo molto apprezzato anche da chi faceva mostra di non credere. In questo caso perché apprezzavano in lui la delicata attenzione a cercare sempre parole e modi perché le cose in cui credeva non apparissero occasione di divisione ma semmai di domanda. Due soli crucci manifestava in modo visibile: il tempo e il bisogno di silenzio. Le due condizioni cioè che potevano rendere possibile la dedizione totale (a cui aspirava) ai suoi studi. Due crucci che rendevano impossibile trattare con lui sul protrarsi di un incontro oltre alle 22 qualunque ne fosse il tema. Su questo non si discuteva. A Fossano come ad Acceglio. Così come sulla passione sportiva: la Juventus. Ma questo è un difetto che si poteva anche perdonare!

Silvio Crudo