Mons. Piero Delbosco si fermerà in preghiera al cimitero di Fossano nel pomeriggio di venerdì 27 marzo per dedicare una preghiera a quanti sono stati sepolti in questo tempo di emergenza sanitaria.
Deceduti con o senza il Coronavirus, sono stati accumunati da una sepoltura in solitudine. Ad accogliere la loro salma nei cimiteri hanno trovato un sacerdote o, talvolta, un sindaco con uno, due o pochi famigliari o amici. Ma prima ancora, nella loro malattia e nell’agonia hanno potuto incontrare pochissime persone. Difficilmente i loro cari hanno stretto la loro mano nel passaggio dalla vita alla morte. Il tocco consolante delle carezze, dei baci, dell’unzione santa sono mancati.

“La solitudine nel momento del trapasso – dice don Giuseppe Pellegrino – è una sofferenza enorme, a cui la nostra mente non riesce neppure a pensare”. “I vescovi, nella solitudine renderanno presente la preghiera di Cristo rivolta al Padre”, per “quanti sono morti nella solitudine, in questa emergenza sanitaria, ma anche in altre situazioni, che hanno sperimentato sulla propria pelle la solitudine, ma anche la possibilità di supplicare Dio, di gridare verso di Lui o di piangere rivolti a Lui. I vescovi avranno anche questo ministero, di raccogliere le grida e le lacrime silenziose, le suppliche, la fede di quanti sono morti in questo modo”.
“La presenza dei vescovi nei cimiteri” continua don Pellegrino “è un segno di consolazione”. “Allo stesso tempo i vescovi sono cittadini della società. Nel cimitero rappresentano il valore sociale della memoria e del lutto. Ogni persona merita di essere ricordata singolarmente. La sepoltura non è il congedo definitivo da parte della società nei confronti di quanti sono morti. Al di là di ogni credo religioso, le società umane sono legate indissolubilmente dal legame con i defunti. Ogni persona, ogni famiglia, ogni gruppo sociale si nutre di legami, che comprendono anche quanti non sono più. Ciò che dà forza, motivazioni, ispirazioni per affrontare la vita quotidiana affonda le radici anche in un terreno che va oltre la società dei vivi. Recidere in modo troppo netto i ricordi è dannoso per la società, come tagliare il tronco dell’albero su cui sta il proprio nido. Dopo l’emergenza sanitaria sarà necessario un grande lavoro di ricostruzione della memoria. Sarà un aspetto fondamentale della ricostruzione sociale a cui già ora guardiamo. I vescovi nei cimiteri anticipano quello che dovremo fare tutti in futuro: ricucire il filo della memoria, lì dove è stato reciso troppo violentemente. Venerdì 27 marzo ogni vescovo diocesano sarà nel cimitero a rappresentare Cristo, ma anche a rappresentare la Chiesa e, con il massimo rispetto di ogni altra autorità civile, l’intera società”.