Grande Evento nell’Anno Santo della Misericordia

con Santa Messa presieduta
da Sua Santità Francesco
in Piazza San Pietro

“Una bellissima ed emozionante esperienza che ha fatto centro nel nostro cuore”. Le parole di una catechista, raccolte a caldo lungo la strada del ritorno, dicono con quanta intensità i pellegrini fossanesi hanno vissuto nel fine settimana del 24 e 25 settembre il Giubileo dei catechisti. Il gruppo che si è recato a Roma era costituito da una quarantina di persone, di cui la maggior parte catechisti, accompagnati, in alcuni casi, da marito e figli. Insieme a loro anche don Piero Ricciardi, direttore dell’Ufficio catechistico, e don Piero Giobergia. Ne ripercorriamo le due tappe più significative attraverso le loro impressioni.

Nelle poche ore di permanenza a piazza San Pietro e dintorni, la prima esperienza forte che ha colpito i pellegrini è stato il pellegrinaggio verso la Porta Santa nel pomeriggio del sabato: “Un percorso di profondo raccoglimento e meditazione – dice una di loro – che ci ha condotti ad abbracciare il Nostro Padre misericordioso che perdona, consola e dona speranza!”. “In mezzo a tanta gente – commenta ancora una catechista -, c’è stata l’umiltà e l’impegno di sentirsi soli con Lui nella preghiera e nel silenzio”. “Nonostante i molteplici disturbi esterni – aggiunge un’altra – è stato molto toccante. Ci sembrava di essere isolati nella bolla dell’Amore di Dio!”. C’è chi ha provato a elaborare dentro di sé questo forte momento: “Vai a Roma per il Giubileo… ma tu credi in questa ‘cosa’? Durante la ‘breve distanza’ che abbiamo percorso tutti insieme verso la Basilica di San Pietro partendo da Castel Sant’Angelo ho vissuto la risposta alla domanda. L’invito rivolto a chi ha percorso l’ultimo tratto è stato: «Guarda le persone con le quali procedi verso la Basilica, pensa a tutti coloro che vorresti avere accanto a te… Ricorda i tuoi cari, raccogli tutte queste persone nel tuo cuore e portali con te alla Porta della Misericordia». E perché Misericordia? Mi sono chiesto. Papa Francesco dice che «è la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita». Ecco, con il Giubileo queste cose le ho vissute senza scavare né elaborare né ricercare, ma così… quasi naturalmente”.

Il passaggio della Porta santa ha fatto crescere in tutti un forte senso di attesa per l’incontro del giorno successivo con Papa Francesco e la messa celebrata in piazza San Pietro. “Quando il Papa è passato davanti a noi ci ha accolti con un sorriso, lo stesso che dobbiamo avere con i nostri ragazzi” confida una di loro. L’umiltà di Papa Francesco, percepita dal vivo, e la sua bellissima omelia hanno toccato il cuore di tanti. Al centro delle sue parole, ancora una volta, l’annuncio principale della fede: “Il Signore è risorto. Non ci sono contenuti più importanti, nulla è più solido e attuale… Siamo chiamati sempre a vivere e annunciare la novità dell’amore del Signore: “Gesù ti ama veramente, così come sei. Fagli posto: nonostante le delusioni e le ferite della vita, lasciagli la possibilità di amarti. Non ti deluderà”.

L’annuncio del Dio-Amore, ha aggiunto rivolgendosi ai catechisti, si fa amando, “non a forza di convincere, mai imponendo la verità, nemmeno irrigidendosi attorno a qualche obbligo religioso o morale. Dio si annuncia incontrando le persone, con attenzione alla loro storia e al loro cammino. Perché il Signore non è un’idea, ma una Persona viva: il suo messaggio passa con la testimonianza semplice e vera, con l’ascolto e l’accoglienza, con la gioia che si irradia. Non si parla bene di Gesù quando si è tristi; nemmeno si trasmette la bellezza di Dio solo facendo belle prediche. Il Dio della speranza – ha detto Francesco – si annuncia vivendo nell’oggi il Vangelo della carità, senza paura di testimoniarlo anche con forme nuove di annuncio”.

Il richiamo a essere testimoni gioiosi con la vita è tornato poco dopo, commentando la parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro (Lc 16). “Come servitori della parola di Gesù non possiamo essere tristi o lamentosi. Non siamo profeti di sventura che si compiacciono di scovare pericoli o deviazioni; non gente che si trincera nei propri ambienti, emettendo giudizi amari sulla società, sulla Chiesa, su tutto e tutti, inquinando il mondo di negatività. Lo scetticismo lamentevole non appartiene a chi è familiare con la Parola di Dio. Chi annuncia la speranza di Gesù – ha proseguito il Papa – è portatore di gioia e vede lontano, ha orizzonti, non ha un muro che lo chiude; vede lontano perché sa guardare al di là del male e dei problemi. Al tempo stesso vede bene da vicino, perché è attento al prossimo e alle sue necessità. Il Signore oggi ce lo chiede: dinanzi a tanti Lazzaro che vediamo, siamo chiamati a inquietarci, a trovare vie per incontrare e aiutare”.

Poco prima aveva messo in guardia dal pericolo della mondanità, che “anestetizza l’anima”, rende ciechi come il ricco, che è incapace di vedere Lazzaro: “Questo ricco soffre di una forte cecità, perché non riesce a guardare al di là del suo mondo, fatto di banchetti e bei vestiti. Non vede oltre la porta di casa sua, dove giace Lazzaro, perché non gli interessa quello che succede fuori. Non vede con gli occhi perché non sente col cuore”. Dunque, ha concluso il pontefice, Gesù morto e risorto, “ci doni la forza di vivere e annunciare il comandamento dell’amore, superando la cecità dell’apparenza e le tristezze mondane. Ci renda sensibili ai poveri, che non sono un’appendice del Vangelo, ma una pagina centrale, sempre aperta davanti a tutti”.

Lasciarsi amare da Gesù e aprirsi ai poveri: si saldano così insieme i due atteggiamenti fondamentali della vita cristiana. Una sfida per ogni credente, e in particolare per i catechisti, come sintetizza una di loro a conclusione di questo pellegrinaggio della misericordia: “Quello che mi ha colpito maggiormente è l’insistenza sul fatto che il messaggio del Signore va trasmesso con la vita. La parola senza l’esempio non basta. Carità, accoglienza, rispetto della persona, sentirti accompagnato con rispetto e non strumentalizzato… sono la strada da percorrere per trasmettere e vivere il messaggio del Signore.

Carlo Barolo – La Fedeltà

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