Tre sguardi sulla “Fratelli tutti”. La tavola rotonda promossa dalle parrocchie della città e alcune associazioni.

Tre sguardi di fronte ad un’enciclica, la “Fratelli tutti” (FT), che a motivo della sua ricchezza e profondità può e deve essere letta da prospettive diverse. È quanto offerto dalla tavola rotonda voluta dalle parrocchie cittadine (e promossa dalla diocesi di Fossano insieme all’Atrio dei Gentili e all’Azione cattolica) che si è svolta lunedì sera solo online, a motivo delle restrizioni introdotte dall’ultimo decreto.

Sono intervenuti Adriano Favole di Trinità, antropologo e docente all’Università di Torino, Wilma Lusso, fossanese, operatrice diocesana e regionale della Caritas, e Duccio Chiapello, cuneese residente a Fossano, professore di filosofia al Liceo “Ancina”.

Offriamo qualche spunto, invitando chi lo desidera (a livello personale o anche nel confronto di gruppo) a riascoltare gli interventi e il dibattito sul Canale youtube della diocesi di Fossano.

Per Favole l’ultima enciclica di Papa Francesco “è un vero e proprio libro, che per la sua chiarezza può essere letto da tutti”. La tesi di fondo è “l’unità del genere umano, espressa attraverso i concetti di fratellanza/sorellanza e di amicizia sociale. Dunque, la FT è un testo che tiene insieme da un lato la fratellanza (concetto che viene dal mondo dei legami familiari), dall’altro l’amicizia sociale intesa come apertura, come uscita da se stessi, come arricchimento (n. 89). Tra i nemici più accaniti di questa prospettiva troviamo “i nazionalismi chiusi, esasperati, aggressivi («In vari Paesi un’idea dell’unità del popolo e della nazione, impregnata di diverse ideologie, crea nuove forme di egoismo e di perdita del senso sociale mascherate da una presunta difesa degli interessi nazionali», n. 11), l’esaltazione unilaterale del mercato… (n. 168)”. Da antropologo Favole condivide pienamente negli obiettivi che Papa Francesco si pone, in particolare “la difesa della comune umanità salvaguardando però la differenza delle posizioni, il riconoscimento delle diversità, anche religiose”. La sua prospettiva non è né l’omologazione massificante della globalizzazione né la società multiculturale (intesa come insieme di identità che convivono senza interagire). Nell’enciclica il Papa propone invece una prospettiva in cui le varie nazioni e culture sono chiamate a convivere e ad evolvere “lasciando che le nostre diversità ci cambino”. E la costruzione del “noi” “può avvenire solo nella casa comune, cioè estendendo la fratellanza a tutti gli esseri viventi”, prospettiva centrale della «Laudato Si’».

Wilma Lusso ha provato a leggere la FT con gli occhi di chi lavora da tempo nella Caritas, con una forte attenzione ai temi della mondialità. “L’epidemia da Covid-19 all’inizio aveva fatto sperare nella possibilità di cambiare, di affrontare le disuguaglianze e di rispondere ai grandi problemi già segnalati dal Papa in varie occasioni, come la connessione fra poveri e fragilità del pianeta – ha detto -. Il ‘siamo tutti sulla stessa barca’ di quei giorni oggi però sembra accantonato. La distruzione del pianeta continua, l’inquinamento riprende, il lavoro è diventato ancor più precario (e talvolta sconfina nello sfruttamento se non la schiavitù), l’interesse economico continua a prevalere sul bene comune, si sono aperti nuovi focolai di guerra e violenza, si sono rialzati i muri…”. In questo contesto “i poveri sono diventati più poveri e le disuguaglianze sono cresciute, l’economia malata è sopravvissuta alla pandemia mostrando di andare da un’altra parte rispetto al Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune (firmato nel febbraio del 2019, ad Abu Dhabi, tra il Papa e il grande imam di Al-Azhar Ahamad al-Tayyib) che richiamava alla fratellanza, al dialogo, ad una politica che recuperasse il senso di parole forti come libertà, democrazia, rispetto del creato…”. Il Papa torna con la FT sui temi che gli sono cari e indica la strada. “Credo sia giunto per ognuno di noi il momento di crescere nella consapevolezza, da tradurre in comportamenti concreti quali: rispetto del pianeta, responsabilità per gli altri, stili di vita all’insegna della sobrietà, attenzione per il volto dei poveri, sensibilità al disagio e alla sofferenza del mondo per contrastare l’esclusione sociale a cui molti sembrano destinati…”. “È tempo per i cristiani e non solo di aprire una stagione di fratellanza universale” ha concluso Lusso.

È partito da un’esperienza biografica Duccio Chiapello, quella della sua famiglia: “Avevo 5 anni e un fratello (ora siamo in sei) quando i miei genitori adottarono un bambino non vedente. Nell’esperienza di convivenza familiare con lui ho compreso due cose: che il diverso non può essere reso uguale a me e che il rapporto tra le nostre diversità non è omologazione o semplice giustapposizione, ma capacità di stare insieme (comunione) nella diversità. Ecco, la fratellanza prima di essere un principio è un’esperienza”. E su questa ‘esperienza’ la fede cristiana ha da offrire una lunga storia di pratiche e riflessioni. Con due sottolineature: la consapevolezza che la fratellanza vive anche di conflitti, la connessione forte (anche etimologica, nella lingua greca) tra le parole ‘fratello’ e ‘padre’. Chiapello ha inoltre fatto notare che, seppur la parola ‘fratelli’ sia un sostantivo, in realtà posto così all’inizio dell’enciclica, “suona come un imperativo, seguita da quel ‘tutti’ che indica un compito alto da realizzare”. Un compito che è affidato a tutti, ma in particolare alle giovani generazioni: “I giovani di oggi dovranno essere domani parte attiva di un processo di apertura – ha concluso -, in grado di farsi carico della dignità di tutti i popoli”.

Carlo Barolo (tratto da La fedeltà)