Se si prende in mano l’annuario diocesano, cioè la pubblicazione che offre un quadro generale dello stato della Chiesa di Fossano (parrocchie, preti, diaconi, incarichi, uffici, religiosi, associazioni, …), si potrà leggere che a fronte di una popolazione di circa 40.000 persone, la Diocesi è divisa in 3 zone pastorali: Fossano città, poi il nord-est cioè Cervere, Genola, Salmour coi dintorni, e infine il sud-ovest con Centallo, Villafalletto, Maddalene e dintorni. Nelle attuali 33 parrocchie prestano il loro servizio 33 preti che assieme ad un buon numero di catechiste, animatori della liturgia, della carità, dei giovani e delle famiglie, consiglieri esperti di questioni pastorali ed economiche, contribuiscono ciascuno secondo le proprie competenze ad animare la comunità cristiana presente nel territorio.

Nell’annuario troviamo ovviamente solo numeri, che non dicono nulla dello spessore e della qualità delle persone a cui si riferiscono, e che ignorano la storia e la complessità delle vicende che hanno condotto a compiere alcune scelte pastorali piuttosto che altre; tuttavia focalizzando l’attenzione ai soli preti diocesani, balzano all’occhio due dati: l’età media pari a 72 anni, e che al di sotto dei 60 anni ve ne sono appena 6 (più uno in terra di missione).

Sono uomini generosi e instancabili nonostante qualche acciacco dovuto all’età, per i quali non fa problema nessun comma della “legge Fornero”, in quanto ad essere in gioco qui non è una professione ma una vocazione, il senso stesso dell’intera loro esistenza. Su di loro puoi contare nei momenti ordinari e straordinari della vita: la nascita di un figlio, la celebrazione di un amore, l’accompagnamento di un dolore, un momento di festa, la condivisione di un progetto, la ricerca del senso di una gioia e la ripresa dopo un fallimento.

Ciò nonostante col passare del tempo, la mole di lavoro per ciascuno di essi non diminuisce e in alcuni casi aumenta, tant’è vero che già da qualche anno, non è più possibile associare il servizio di un prete ad una sola parrocchia o a un solo incarico diocesano, e sempre più si andrà in questa direzione; inoltre negli ultimi 10 anni sono stati ordinati solo 2 presbiteri, 5 diaconi permanenti e la situazione del Seminario Interdiocesano resta critica. Da una parte sorprendono i malumori che ancora si registrano nelle comunità parrocchiali appena si apprende della scelta obbligata del Vescovo di integrare il servizio di un presbitero con un’altra responsabilità o affidargli un nuovo compito, ma dall’altra sono comprensibili, perché fino a quando non siamo toccati nel vivo dal problema, saremo portati a pensare che “attorno al nostro campanile certe cose non accadranno mai”.

Tenendo conto del numero dei presbiteri in servizio, dell’estensione del territorio fossanese, della storia e specificità di ogni parrocchia, e delle riflessioni che il Consiglio Pastorale diocesano già un paio di anni fa aveva offerto al Vescovo su queste tematiche, dovrebbe essere giunto il tempo di ripensare concretamente e con coraggio la presenza della comunità cristiana fossanese e la sua testimonianza; come muoversi?

Una prima soluzione, potrebbe essere quella di “aggiustare il presente”, scelta che però si rivelerebbe miope, di “corte vedute e vedute di corte” in quanto ad esempio, trasferire l’incarico di un prete anziano ad uno adulto, se ancora fosse possibile, delegando così i soli presbiteri a gestire il problema, sposterebbe semplicemente in avanti di qualche anno le questioni, e non sarebbe pertanto una risposta adeguata. Una seconda prospettiva invece, potrebbe essere quella di “immaginare il futuro”, a patto che coloro che hanno a cuore la comunità cristiana e in essa si spendono, accettassero di buon cuore di mettere in discussione le tipiche resistenze ad ogni cambiamento, a cominciare dall’orario della Messa domenicale, per alcuni immutabile come la natura di Dio, o dal servizio offerto che rischia di far credere alcuni insostituibili “finchè morte non ci separi”, o inamovibili perché “se manco io, qua crolla tutto!”.

A partire dal dato effettivo dell’annuario quindi, quella che per alcuni potrà sembrare “la crisi mortale della diocesi di Fossano”, potrebbe invece rivelarsi una buona opportunità per la comunità cristiana di ripensarsi e ricalibrare la buona testimonianza dell’Evangelo che deve poter essere dato a tutti. Tra l’altro, non deve sfuggire dalla attenzione il fatto che oramai la gran parte della popolazione intrattiene rapporti saltuari con la parrocchia, in riferimento per lo più all’iniziazione cristiana dei fanciulli e in occasioni particolari della vita di ciascuno. Anche a fronte di questa evidenza, il problema non sarà quello di aggiustare il presente, cioè investire ogni risorsa nel catechismo dei bambini, e inserire il suffragio dei defunti nelle Messe domenicali così da avere l’illusione di continuare ad abitare la cristianità. Immaginare il futuro, cioè continuare ad intrecciare l’umano che è comune al cristiano come ad ogni uomo e donna, e a partire dalle questioni concrete della vita (essere padri e madri, sposi, lavoratori, gente che si ammala, che spera, che incontra la crisi, persone che desiderano, che vogliono credere, che hanno un sogno, …), mostrare come Gesù Cristo abbia a cuore ogni nostro autentico desiderio, e una parola buona da “dire e dare” per ciascuno.

La sfida che è posta alla minoranza cristiana di Fossano quindi non è quella di rimpiangere il tempo perduto, lamentare un tempo che si fatica a comprendere, o peggio ancora rivendicare diritti a fronte dei bei tempi che non esistono più. Immaginare il futuro, cioè accanto ad una presenza inedita del presbitero che resta insostituibile, avere il coraggio di immaginare come essere comunità cristiana felice, come essere parrocchia che condivide concretamente e serenamente con altre parrocchie il parroco, le catechiste, gli animatori, i consiglieri e perfino gli orari delle celebrazioni. Questo è uno dei compiti che può accomunare il presbitero ad ogni cristiano: essere persona che lascia il buon gusto delle cose che fà, che ha il coraggio di sperimentare forme inedite di preghiera, di celebrazioni, di aggregazione e di testimonianza, che sà mettersi in sincero ascolto degli uomini e delle donne lì dove vivono, cioè al di fuori dei recinti parrocchiali e delle staccionate mentali che talvolta impediscono di riconoscere che “la grazia di Dio opera anche” (AL 291) nella vita di chi non ne avresti il sospetto.

E’ una sfida certo, di fronte alla quale la paura di “perdere e perderci qualcosa” potrebbe bloccarci così da far finta che non sia stata posta, potrebbe irrigidirci così da farci tirar fuori rabbia e protesta, potrebbe lasciarci indifferenti così da farci spettatori estranei alla scena. I cristiani però, come ogni uomo e donna, sanno che la paura non è mai stata e non sarà una buona consigliera, come piuttosto la fiducia ha mostrato tante volte di esserlo.

Paolo Tassinari