Intervista a Paolo Tassinari, alla vigilia dell’anno “Famiglia Amoris Laetitia” tratta dal settimanale La fedeltà

Venerdì 19 marzo la Chiesa celebrerà i cinque anni dalla pubblicazione dell’esortazione apostolica “Amoris Laetitia” e in quello stesso giorno Papa Francesco inaugurerà l’Anno “Famiglia Amoris Laetitia”, che si concluderà il 26 giugno 2022 in occasione del X Incontro Mondiale delle Famiglie. Per fare il punto sui contenuti e sulle proposte offerte da questo testo, abbiamo rivolto alcune domande a Paolo Tassinari, diacono permanente e membro dell’Ufficio Famiglia delle Diocesi di Fossano e di Cuneo, all’interno del quale segue il progetto “L’anello perduto”.

  1. Qual è la sfida maggiore di Amoris laetitia?

La sfida principale che AL pone all’attenzione della comunità cristiana, mi pare sia ancora disattesa; questa percezione però, ammesso sia vera, credo anche sia del tutto nella norma.

Se infatti paragoniamo il numero degli anni della pubblicazione del testo a quelli di un essere umano, tra i 3 e i 5 anni sappiamo che i bambini imparano a parlare e a relazionarsi con gli altri, iniziano a distinguere fantasia e realtà, migliorano la capacità di collaborare e seguire regole. In questi primi anni di vita di AL mi pare sia avvenuto qualcosa di simile: abbiamo iniziato a conoscere “Letizia”, una nuova amica alla quale sta a cuore la storia di amore di ogni coppia e famiglia e che riconosce l’agire buono di Dio in ciascuna di esse, distinguendo “ideali astratti e piedi per terra”. Credo che questo paragone appena abbozzato, rilegga il num. 37 che contiene, a mio avviso, la sfida più alta che AL ci consegna: il cambio di paradigma teologico-pastorale di matrimonio e famiglia che al momento, come è normale che sia, stenta ad essere fatto circolare nelle nostre comunità.

  1. In Amoris laetitia si parla della famiglia quale scuola di fede. Come trasmettere oggi la fede cristiana alle nuove generazioni?

Questo è un tema che, sovente, mette a dura prova i genitori, specialmente quelli che dopo aver cercato di trasmettere con le migliori intenzioni la fede cristiana ai loro figli, ad un certo punto ne riscontrano l’inefficacia, entrano in crisi e pensano: “Abbiamo sbagliato. Se non segue le nostre orme, se è così diverso da noi due, se non va più in chiesa, vuol dire che non siamo stati un buon esempio per lui”.

In realtà penso che mettere in dubbio le credenze ricevute e costruirsene altre e differenti sia un gesto sano di ogni figlio e figlia, e non debba per forza far scaturire un senso di inadeguatezza nei genitori; del resto, a suo tempo, non si è comportato allo stesso modo ciascuno di noi in riferimento a padre e madre?

La speranza è che i nostri figli possano fare propria la fede cristiana, ma come, dove e quando questo avvenga, deve essere lasciato alla libertà di ciascuno; libertà che, come l’esperienza mostra (compresa la nostra!), tante volte sorprende!

  1. Nonostante la buona volontà dei coniugi e i percorsi di preparazione al matrimonio, le crisi sono in aumento. Quali secondo te le cause dei fallimenti matrimoniali? Come prevenirli?

Le cause del fallimento di un matrimonio sono certamente le più diverse; io però credo che, tante volte, siano “inesistenti”. Mi spiego: ogni tanto, mi tornano alla mente le parole di una bellissima canzone di Riccardo Cocciante che ad un certo punto dice: “Non è la vita che avrei voluto mai desiderato vivere, non è quel sogno che sognavamo insieme fa piangere”. Deve essere terribile arrivare a pensare della propria vita qualcosa di simile: “giorni uguali ai giorni, discussioni sterili” possono arrivare a spegnere un amore senza un motivo preciso. Accade: è sufficiente ascoltare chi, anche dopo 20 o 30 anni di vita insieme al coniuge, ora si ritrova da solo. Nessuno di noi è immune da questo “virus” che circola in Italia e nel mondo ben prima del Covid-19, e non esistono precauzioni che mettano al sicuro.

Riprendendo la canzone di Cocciante però, credo che tenendo ferme due direttrici, sia possibile recuperare l’amore perduto; dice il cantante: “Se stiamo insieme ci sarà un perché… qualche cosa c’è, che ci unisce ancora stasera”. Fare memoria di ciò che ci aveva fatti innamorare, andare a recuperare i gesti della primavera del nostro amore, rimettere mano alla storia della nostra relazione avendo il coraggio di nominare ogni fatica, credo possa essere un buon inizio per ridare vigore ad una relazione che si sta spegnendo.

  1. 4. In AL viene ribadito il tema della sacramentalità del matrimonio, dell’indissolubilità e della fedeltà, ma anche di una piena accoglienza di ogni storia d’amore, compresa quella di una coppia in nuova unione. Come evitare che nelle nostre comunità nasca una doppia morale, una esigente e una permissiva?

Si tratta di fare proprio quell’atteggiamento di fondo che Papa Francesco delineava al Convegno Ecclesiale di Firenze nel 2015, quando invitava la Chiesa italiana a fuggire davanti a due tentazioni: quella pelagiana, tipica di chi di fronte alla vita, preferisce assumere uno stile di controllo, durezza e normatività (“La norma dà al pelagiano la sicurezza di sentirsi superiore, di avere un orientamento preciso”), e quella gnostica, tipica di chi rimane chiuso all’interno del recinto delle proprie convinzioni e sentimenti (“Il fascino dello gnosticismo è quello di una fede rinchiusa nel soggettivismo”).

Per riprendere una felice espressione del teologo Albarello, si tratta di procedere “volto per volto, e volta per volta”.

  1. In AL 244 viene evidenziata l’importanza strutture di ascolto, accoglienza, mediazione e consulenza in caso di crisi della coppia, oppure a separazione avvenuta; cosa pensi a proposito?

Personalmente credo che come Pastorale Familiare dovremmo strutturarci sempre di più in maniera da interagire con chi possiede competenze e professionalità che per forza di cosa noi non abbiamo.

Quando una coppia è in crisi è molto difficile muoversi: spesso lo veniamo a sapere quando oramai il dialogo è compromesso ed è troppo tardi per suggerire vie di riconciliazione. L’esperienza di Retrouvaille è una di queste: grazie al suo metodo, in tante occasioni è stato il fondamento della ripartenza della coppia, oppure ha posto le condizioni per una separazione meno dolorosa.

Con una persona separata è fondamentale mantenere la relazione: sembra incredibile ma chi vive la separazione o il divorzio ed è rimasto solo (con o senza figli), spesso è “dimenticato” addirittura dagli amici di sempre i quali, per non metterlo a disagio o perché loro stessi sono “più amici” del partner che non c’è più, non gli telefonano per sapere come sta, non lo invitano a cena, al cinema o in vacanza dato che tutte queste esperienze si facevano in coppia. Scegliendo di mantenere la relazione, invece, la persona separata o divorziata potrà condividere una situazione di vita difficile e dolorosa e, nel tempo, riuscire ad intravedere spiragli di senso in uno stato di vita che non immaginava potesse trovarsi.

  1. Quali sono gli aspetti e i temi della pastorale della famiglia su cui credi sia necessario lavorare, specie in questo tempo difficile e complesso della pandemia?

Il 14 gennaio scorso l’agenzia Ansa scriveva: “L’emergenza coronavirus non colpisce solo la salute. Le restrizioni anti contagio e in particolare il lockdown, stanno mettendo a dura prova la tenuta della famiglia italiana” perché, dicono gli esperti, “nel 2020 c’è stato un aumento annuo delle separazioni del 60%”, a causa principalmente di quella che chiamano “convivenza forzata”.

Un tempo si poteva rischiare la condanna ai “lavori forzati” mentre a causa della pandemia, aver dovuto rimanere tanto tempo chiusi dentro le quattro mura domestiche, quasi fossero quelle di un carcere, per qualcuno, purtroppo, è stato come dover scontare una pena. E mica è facile parlare d’amore e vivere da innamorati quando in mezzo c’è una costrizione, una forzatura, una gabbia quasi.

Pertanto, alla domanda, non saprei cosa rispondere; se anche i lettori non lo sapessero, saremmo già in due, tre o quattro a dircelo. E se poi, insieme, sfogliassimo AL alla luce delle crisi che stiamo attraversando e dei dubbi che stiamo vivendo, probabilmente, non arriveremo a dare risposte ma avremmo mantenuto aperte le domande: ecco un tema promettente per l’agire della Pastorale familiare.

  1. Dal prossimo 19 marzo al 26 giugno 2022 Papa Francesco ha istituito l’anno dedicato alla “Famiglia Amoris Laetitia”: cosa fare per viverlo al meglio?

Credo sia una occasione importante per rimetterci in asse con ciò che il Papa ci chiede ma, per farlo, occorre grande franchezza e onestà. Dovremo chiederci: cosa abbiamo concretamente cambiato o integrato nella nostra pastorale da marzo 2016 ad oggi?

Ripeto: dobbiamo essere corretti nella risposta. Perché se tutto è rimasto come prima, oppure se abbiamo dato appena “una verniciata” ad un edificio rimasto nel suo interno identico a quello di cinque anni fa, qualche problema si pone. Tuttavia, anche nella peggiore delle ipotesi, nulla è perduto perché da oggi inizia il tempo di Amoris Laetitia!