Lunedì 5 ottobre è iniziata la XIV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, sul tema “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”, con l’introduzione di Papa Francesco, la relazione del segretario generale, card. Baldisseri che ha ripercorso le varie tappe che hanno condotto a questo evento, e la Relazione introduttiva del relatore generale, card. P. Erdő.

A seguire c’è stato un primo dibattito con interventi liberi da parte di Cardinali e Vescovi, e martedì a sorpresa una breve precisazione del Papa.

Da mercoledì si è dato ampio spazio al lavoro dei “Circuli minores”, i 13 gruppi ristretti che si sono riuniti per riflettere sulla prima parte dell’Instrumentum laboris, “L’ascolto delle sfide sulla famiglia”, alla luce dei contributi emersi in aula nel corso del dibattito iniziale, col compito di apportare proposte di integrazioni, modifiche e miglioramenti del testo.

Gli esiti di queste discussioni sono stati diversificati e i suggerimenti tutt’altro che univoci, segno di una autentica vivacità e di un ampio confronto tra i padri sinodali, frutto dell’inedita metodologia adottata per questo Sinodo, veramente partecipativa.

 

Sinodo sulla Famiglia
Un avvio tiepido per un cammino appassionato

Per raccontare questa prima settimana del Sinodo, è necessario comprendere le ragioni dell’inaspettato disorientamento creatosi in aula lunedì mattina dopo la  relazione introduttiva del card. Erdő, e cosa esso ha richiesto per essere superato.

Il cardinale ungherese era stato incaricato di presentare lo stato iniziale dei lavori del Sinodo, rilanciando il percorso fin qui svolto alla luce dell’Instrumentum laboris, lo strumento base del dibattito frutto del Sinodo straordinario dell’ottobre ’14 e dei questionari diffusi capillarmente in ogni Diocesi del mondo la scorsa primavera.

Un lavoro decisamente complesso e di non facile ricapitolazione, nel quale però si riconoscono i tratti di un infelice stile inaugurato di recente dalla nazione di provenienza del card. Erdő, il quale scrivendo la sua relazione ha scelto di “costruire muri” piuttosto che “gettare ponti” dinanzi alla sfida che lo attendeva.

Poco prima della sua esposizione, il Papa aveva affermato: «Vorrei ricordare che il Sinodo non è un convegno o un “parlatorio”, non è un parlamento o un senato, dove ci si mette d’accordo. Il Sinodo, invece, è un’espressione ecclesiale, cioè è la Chiesa che cammina insieme per leggere la realtà con gli occhi della fede e con il cuore di Dio; è la Chiesa che s’interroga sulla sua fedeltà al deposito della fede, che per essa non rappresenta un museo da guardare e nemmeno solo da salvaguardare, ma è una fonte viva alla quale la Chiesa si disseta per dissetare e illuminare il deposito della vita».

Data questa premessa, la relazione del card. Erdő, ha disatteso non soltanto alle parole del Papa, ma è riuscita nella doppia impresa di “cancellare” sia il Sinodo ordinario che in quel momento iniziava, negando ogni possibilità di aperture o di novità sui temi portanti dell’assise, sia il Sinodo straordinario dello scorso ottobre e il lavoro di tutto l’anno intercorso, generando imbarazzo nei Vescovi come attestato da alcune loro dichiarazioni, e in particolare nella successiva conferenza stampa da mons. B. Forte, il quale rispondendo al card. Vingt-trois ha detto: «Bisogna però dire con chiarezza che non è che ci si riunisca per non dire nulla: il Sinodo non è tanto dottrinale ma pastorale, come lo fu il Concilio, e questo non diminuisce in niente la sua importanza. I tempi cambiano, le sfide ci sono e dobbiamo affrontarle».

Uno dei “muri” che ha suscitato maggiori perplessità da parte dei Vescovi e che ha polarizzato buona parte dei loro interventi in aula, è costituito dal modo col quale il card. Erdő relaziona lo stato del dibattito in corso sulle coppie in nuova unione: attribuisce infatti agli stessi “divorziati risposati” l’impossibilità di accedere alla comunione, cosi che la Chiesa non può nulla perché sono “loro” a mettersi fuori.

Essendo questa nient’altro che la riproposizione di Familiaris Consortio 84, il cardinale ungherese è come se stesse affermando che tutto il percorso messo in moto da Papa Francesco è praticamente inutile: la Chiesa non può nulla! Commenta a riguardo della tesi di Erdő, il teologo A. Grillo: «La “cultura ecclesiale” diventa “cultura dello scarto”, ma con l’aggravante di spostare sugli scartati la responsabilità. E’ un sistema che si autoimmunizza dal problema e lo scarica sugli altri».

A fronte di questa e di altre resistenze al cambiamento presenti in quella relazione (cioè la negazione di ogni sviluppo ulteriore della dottrina, e di una sua articolazione pastorale più consona al Vangelo nel solco della Tradizione per l’oggi della famiglia), era necessario un riposizionamento autorevole del dibattito, perché all’inizio dei lavori il rischio era duplice: essere fuori tema e fuori dalla storia delle intenzioni del Sinodo stesso.

Solo a partire da questa premessa è possibile cogliere il senso dell’intervento non previsto del Papa avvenuto martedì mattina, quando ha chiesto ai padri sinodali di «non cedere all’ermeneutica cospirativa» invitandoli ad uscire dai tatticismi, dalle strategie, dai complottismi, sottolineando che «la dottrina cattolica sul matrimonio non è mai stata toccata, nessuno l’ha messa in questione già nell’assemblea straordinaria, è conservata nella sua integrità» e suggerendo ai padri di [non] farsi «condizionare» riducendo l’orizzonte «come se l’unico problema fosse quello della comunione ai divorziati risposati».

Ritrovato l’orizzonte autentico del Sinodo sulla famiglia, ecco allora tra le tante, “una voce” fedele al mandato ricevuto: «Speriamo – ha detto mons. F.G. Brambilla – di poter dare insieme la risposta, e che sia davvero una risposta di fiducia e di speranza per tutti. Una risposta per cui nessuno possa pensare: “Io non sono stato oggetto di uno sguardo, di una tenerezza, di una prossimità, di una vicinanza” da parte della Chiesa, del Papa, dei Vescovi, di tutti i sacerdoti, e delle stesse famiglie cristiane».

Assieme a queste però, non mancano in aula “le voci” che non solo avrebbero preferito evitare la fatica del lungo cammino sinodale, ma che quando parlano riescono addirittura a capovolgere il Vangelo, come nel caso del card. V. de Paolis che afferma: «Va bene la Chiesa ospedale da campo, d’accordo sul curare le ferite, ma non ci sono solo i divorziati risposati… Pensiamo anche ai sani, non soltanto agli ammalati». Il nostro Maestro, caro Cardinale, si era però presentato con uno stile esattamente contrario al suo auspicio! (Mt. 9, 12)

Affrontate il compito che vi è affidato, amati Vescovi, con coraggio e franchezza, discutete e parlate, perché dalle vostre voci ogni famiglia possa presto udire “La Parola!”.